Finanza creativa?

Nella finanziaria attualmente in discussione c’è, per la prima volta nella storia del nostro paese, un provvedimento in favore della musica pop. Si tratta di “un credito d’imposta a favore delle imprese discografiche che sostengono investimenti produttivi e promozionali su registrazioni fonografiche e videoclip musicali di artisti emergenti alla loro prima o seconda opera.” A chi si applica questo provvedimento? “Alle aziende musicali di piccole e medie dimensioni il cui fatturato annuo non supera i 15 milioni di euro.” Quindi non alle major o ai grandi indipendenti, ma a tutti gli altri. E per quanto? “Fino a un massimo di 100 mila euro di credito spalmati sull’arco di tre anni” (dal comunicato di Audiocoop, il consorzio di etichette promotore di questo provvedimento). Bella notizia, direi: finalmente si riconosce il lavoro fatto dalle Indie, e il loro ruolo di talent scouting. Quali effetti saranno determinati da questo sgravio (semmai venisse confermato) lo potrà dire solo il tempo. Certo è che, ferma restando la buona notizia, ci sono alcuni punti controversi.

Innanzitutto i consumatori: queste opere dovranno avere un prezzo vincolato? Ne saranno disponibili versioni economiche entro sei mesi dalla pubblicazione? In fondo stiamo agevolando questi primi e secondi album affinché si diffondano, non per arricchire qualcuno. In quest’ottica qualsiasi diffusione, specie se a prezzo imposto, ne aumenterebbe la visibilità. Invece pare che non ci sia alcun vincolo di questo tipo. Inoltre non si fa menzione delle molte etichette che hanno scelto anche la distribuzione digitale, spesso regalando parte del proprio catalogo. Queste micro-aziende andrebbero incentivate maggiormente: poter fare il pieno di nuova musica che non si paga è un eccellente incentivo a comperarne, come dicono le statistiche a proposito della musica in rete.

Poi i musicisti. Mi scrive Giordano Sangiorgi, presidente di Audiocoop: “Anche l’artista che si autoproduce la sua opera prima o seconda, facendo una ditta a suo nome potrebbe accedere a tali sgravi.” Questo è certamente vero, e costituisce un passo avanti rispetto al nulla di prima. Non posso però non notare che di solito un artista o una band al primo album cerca di non avere una partita IVA (che ha costi di apertura e gestione proibitivi), e meno che mai un’azienda; accedere al credito d’imposta quindi non mi pare una cosa da esordienti, ma da volpi navigate con commercialisti al seguito. C’erano molti modi per incentivare i giovani musicisti, dagli sgravi sugli strumenti alle sale prova, ma il credito d’imposta aziendale certamente non li tocca, salvo che siano pronti per il primo album (e per la prima Indie).

Infine tutti gli altri: prima del primo album una band ha tutta una vita di demo, sale prova, concertini, festival di quartiere, radio locali. Nessuna di queste aziende godrà dei benefici di questa agevolazione, se non molto indirettamente. Eppure sono spesso realtà encomiabili, che si ostinano a proporre ai loro clienti della nuova musica, magari diluita in una programmazione più commerciale: quanto deve ogni musicista italiano alle radio locali? Molto, secondo me, e mi piacerebbe agevolare anche loro. Ma il lato più debole di questo provvedimento a mio avviso è l’accesso. Un artista esordiente ha solo due modi di accedere a questo credito d’imposta: aprire una propria etichetta, con partita IVA e iscrizione alla Camera di Commercio, o piacere al direttore artistico di una Indie, supremo filtro dell’agevolazione governativa. Insomma, grazie al governo, figurarsi se rifiutiamo. Ma si poteva fare di meglio, con poco.

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *