Cafoni in Tv

castelloIl termine Trash dagli anni ’80 è stato utilizzato per definire, quasi sempre in maniera negativa, molti fenomeni diversi. Dei programmi televisivi, alcuni personaggi della prima e seconda repubblica, un certo folclore dei nuovi ricchi e via dicendo. Nei primi anni ’90 il compianto Tommaso Labranca scrisse un importante saggio sul tema: “Andy Warhol era un coatto: vivere e capire il trash”. Definire qualcosa immondizia implica quasi sempre un giudizio negativo, sprezzante, di superiorità: noi non siamo mai trash, sono gli altri a esserlo, e se lo siamo c’è dell’auto-ironia. Negli ultimi anni ho notato alcuni segnali che mi hanno reso insofferente verso questa parola e ciò che sottintende, un neo-snobismo di massa che mi pare totalmente ingiustificato.

Comincerei dai signori Casamonica, i quali sono stati imputati di alcuni reati, il peggiore dei quali sembrerebbe essere “Grave infrazione al gusto imperante nella scelta dei mobili”. Giornali e Tv hanno prodotto speciali, slide show e graziosi videoclip per mostrare alla nazione quanto fossero trash i Casamonica, e pacchiano il loro arredamento. Da quando gli italiani sono diventati arbitri del buon gusto mobiliero? Da quello che vedo in giro non mi risulta, anzi mi pare di vedere ovunque lo stile Tüttøuguåle dell’Ikea. Che possiamo definire in molti modi ma sicuramente non raffinatamente ricercato. L’alternativa è il Barocco Berluscone, che non mi pare meglio di quello Casamonico. Questa idea del povero che diventa ricco e quindi trash raggiunge la sua apoteosi, anche proprio in termini di razzismo, coi nuovi ricchi russi: volgari, esibizionisti, ridicoli – trash.

Naturalmente tra italiani abbiamo un nostro senso del trash, talvolta razzista, specie se mescolato all’antico tema Nord-Sud. Il canale Tv Real Time si è fatto carico di mettere in scena il fenomeno, con dei graziosi format televisivi che esplorano questo mondo esotico. Naturalmente sono esplorazioni realizzate a uso e consumo di un pubblico che si sente superiore. È il caso de Il Boss delle Cerimonie (ora Il Castello), in cui si mette in mostra l’alto tasso di trash espresso dai matrimoni napoletani: parenti impossibili, pranzi impensabili, abiti pacchiani, ospiti cafoni, tatuaggi tamarri, neomelodici a gogo. Con zoomate furbette sulle trippe che spuntano dai vestiti, ciccioni che mangiano, bambini che ballano in un tripudio architettonico: il pacchianissimo, niveo, iperdecorato Castello, dove sono tutti trash ma in fondo simpatici – sono napoletani. Il risultato finale è una sorta di “Terrone show” che rafforza tutti gli stereotipi sui meridionali, facendo leva sulla supposta cafonaggine di questi ultimi, messa in mostra e artisticamente allestita dagli autori. La solita Antropologia da bar oggi reperibile in format televisivi di mezzo mondo.

Il tutto mi fa orrore, mi pare razzista e di più. Sembra suggerire l’idea che esista un “alto” e un “basso”, un cool e un trash, e programmi così sarebbero visti da gente cool per guardare di nascosto cosa fanno quelli che loro chiamano trash. Tutto sbagliato, frutto di un sottile razzismo, di un’intolleranza che vorrebbe tutti uguali e deride chi è diverso da se. Ho passato abbastanza tempo al Sud da sapere che anche a loro forse piacerebbe un format su “quelli del nord” che fanno colazione con becchime, cornetti vegani, decaf e latte di soia. Che per rilassarsi vanno in bicicletta in salita, in soggiorno hanno un’enorme macchina per correre e la sera si ritrovano in un ristorante che serve insetti e larve. Gente che pranza al computer o camminando, e per vedere che tempo c’è, o per trombare, usa una app. E fa matrimoni sobri, giusto i parenti, il pranzo in piedi e il pomeriggio al lavoro. Non mi sembrano meno esotici. Ma probabilmente l’audience di riferimento, anche pubblicitaria, è un’altra: spettatori (perlopiù del centro-nord) che si sentono superiori, sofisticati, esclusivi, e si divertono guardando i cafoni in Tv.

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