Lo spettro dello Spettro

Una volta li chiamavano svogliati, distratti, irrequieti, incapaci di concentrarsi e apprendere, anaffettivi e talvolta inumani. Poi, ma solo di recente, il mondo ha iniziato a capire che dietro certi comportamenti e difficoltà non c’è un carattere difficile o idiozia, bensì un’ampia gamma di condizioni diverse che oggi hanno un nome: Neurodiversità. Full disclosure: nel 2017, dopo una lunga serie di test, ho ricevuto una diagnosi di Lieve Disturbo dello Spettro Autistico. Da allora ho iniziato a informarmi sui vari aspetti di questa condizione (che può andare dal lieve, come nel mio caso, fino a severissima, l’Autismo può essere profondamente invalidante) anche per un altro ottimo motivo: faccio l’insegnante, e sono costantemente in contatto con alcune manifestazioni della Neurodiversità. Lo scorso anno circa il 10% dei miei studenti è arrivato a scuola con un Piano Didattico Personalizzato, per gli amici PDP, dove si elencano le loro difficoltà: Disgrafia, Discalculia, incapacità di prendere appunti, difficoltà nella concentrazione e nell’apprendimento, disturbi dello Spettro Autistico (categoria che, pare, ben presto le includerà tutte). Studenti non stupidi (anzi, spesso ben svegli) e non disinteressati che però non riescono a imparare attraverso i metodi tradizionali: seguire le lezioni, leggere e ripetere, costruire mappe concettuali, venire interrogati in classe. Un pregiudizio molto diffuso tra gli adulti è che oggi si facciano troppe diagnosi, che qualsiasi scostamento venga trattato come disturbo, che stiamo dando troppa attenzione a queste diversità. Da autistico adulto che ha navigato quasi tutta la sua vita inconsapevolmente (non avevo mai pensato di esserlo, avevo dato altri nomi alle mie differenze, raramente lusinghieri) so che non è così: quando ero bambino la Neurodiversità esisteva allo stesso modo e probabilmente in proporzioni simili (oggi si calcola che l’1% della popolazione mondiale lo sia) ma, a differenza dello Strabismo, non si vedeva. Non solo: come dicevo, una larga percentuale dei miei studenti con PDP ha un’intelligenza profonda e agile a cui istintivamente si fa fatica a attribuire delle difficoltà.

Questo è uno dei punti essenziali: queste difficoltà non hanno niente a che vedere con l’intelligenza, bensì con una differenza nella Neurobiologia, una diversità (semplifico) nel modo in cui il cervello comunica col sistema nervoso e viceversa. Talvolta questa diversità ha degli effetti eclatanti: si è spesso detto che la Sindrome di Asperger (un termine oggi in disuso) producesse del genio, e che molte invenzioni (come Internet) sarebbero frutto di questa condizione: Greta Thunberg, che ha la mia stessa diagnosi, ne parla come di un superpotere. Personalmente sono molto più cauto. Perché se è probabilmente vero che il mio modo di pensare ellittico e non lineare in passato ha prodotto alcune buone idee, l’elenco delle limitazioni e delle difficoltà legate al mio Autismo è lungo e frastagliato. A cominciare dalla scuola dove andavo malissimo, mi bocciavano a ripetizione e si ventilava il passaggio a una classe differenziale – malgrado la mia intelligenza sicuramente almeno nella media. Curioso, considerando che negli anni successivi ho avuto una carriera accademica (bizzarra, irregolare ma piena di soddisfazioni). Però ci sono dovuto arrivare da solo, aggirando i giudizi impietosi dei miei insegnanti, ignorando il consiglio di fare studi tecnici (allora considerati minori) o perfino di trovarmi un lavoro manuale.

Ecco come mai le diagnosi e i relativi PDP sono importantissimi: stabiliscono due verità. La prima è riconoscere che la tavolozza umana ha più colori, e che quelle che consideravamo tonalità meno adeguate in realtà sono solo meno comuni: un caso inequivocabile di “diversità” che non è necessariamente disabilità. La seconda è affermare l’importanza dell’inclusione, della volontà, innanzitutto della scuola e poi della società tutta, di accomodare, accogliere e valorizzare questa diversità. Non per spirito cristiano, per un motivo assai più terreno: l’intelligenza è già merce rara, perderne qualcuna magari atipica solo perché funziona diversamente mi sembra uno spreco terribile, forse un peccato mortale.

One thought on “Lo spettro dello Spettro

  1. Mi permetto un appunto: oggi non si nomina più la sindrome di Asperger perché gli addetti ai lavori sono arrivati alla conclusione che… non esiste. Esiste solo l’autismo, nelle sue varie forme. Il termine resiste ancora in alcune nicchie, per il semplice motivo che i protocolli non vengono aggiornati in modo sistematico, perciò qualche specialista continua a diagnosticarlo a dispetto della letteratura scientifica.

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