Gratificazione a distanza

Essendo single, economicamente instabile ma galleggiante, ho spesso pensato di fare un’adozione a distanza. Mi pare una causa sensata: il mondo è pieno di gente che non arriva a fine giornata (altro che fine mese), e garantire a un minore il minimo indispensabile per sopravvivere fino alla maggiore età mi sembra una buona idea. Però ogni volta che ci ho provato ho incontrato lo stesso ostacolo. A differenza delle adozioni vere che hanno una burocrazia molto rigida e attenta quasi ovunque nel mondo, quelle a distanza sono semplicissime. In Italia ci sono diverse associazioni che se ne occupano: vai sul sito, scegli un luogo, un continente, un caso e, impegnandoti a versare una cifra mensile (20/30 euro), il gioco è fatto. Il mio problema però inizia qui: “Ricevere lettere, fotografie e cartoline dal sostenitore è una vera gioia per il bambino. Grazie alle sue risposte si creerà un legame davvero speciale e ci si potrà conoscere meglio.”* Quindi dovrei scrivere al beneficiario, che ovviamente sarà costretto a rispondermi: una bella letterina con foto nella quale mi ringrazia della mia benevolenza e sorride grato. Non solo: “Sarà possibile avere notizie sui suoi progressi scolastici, sul villaggio in cui vive, sui suoi amici, sulla famiglia, sul suo gioco preferito e tanto altro ancora.”* Quindi l’associazione mi comunicherà i suoi risultati scolastici ottenuti grazia alla mia generosità, e potrò verificare di prima mano che i miei soldi sono stati ben spesi, che il bambino ha messo a frutto il mio investimento – come si deduce dalla pagella.

Sarà che da bambino andavo male a scuola e non sorridevo mai nelle foto, ma mi sembra tutto sbagliato – dall’inizio. Perché mai dovrei scrivergli una lettera pure con immaginetta? Così può vedere il benestante europeo che lo sta aiutando? Per quale ragione, se non la mia gratificazione nel sentirmi un benefattore? Per essere ricordato nelle sue preghiere? Le notizie sui progressi scolastici poi mi sembrano agghiaccianti: se andasse male a scuola e vivesse nel terrore che gli taglio i fondi? Che se diventasse Punk poi dovrebbe pettinarsi per la foto da inviarmi? Che se si facesse le canne perderebbe il bonus? Che troppo islamico non va bene?

Forse sono estremo ma ho le idee molto chiare. Voglio adottare una persona senza avere alcuna idea di come sarà il suo futuro, e senza suggerirgli nessun modello di sviluppo. Non voglio scrivergli (sarei in profondo imbarazzo e non saprei proprio cosa dire), non voglio mandargli la mia foto né dirgli niente di me: non serve, anzi mi pare dannoso. E meno che mai vorrei ricevere sue comunicazioni personali: non voglio sapere del suo villaggio, non sono interessato ai suoi progressi scolastici, nè a come cresce maturo e diligente. Non voglio assolutamente essere oggetto della sua gratitudine, di quella dei suoi familiari o amici. Perché il mio non è un investimento ma una goccia di riparazione in un oceano di ingiustizia, un modo per far tornare una piccolissima cosa al suo posto. Per questo motivo voglio che il mio adottato sia completamente libero di diventare quello che vuole, senza nessun debito di riconoscenza nei miei confronti. Se coi miei soldi vorrà andare bene a scuola o invece comperarsi una chitarra e un paio di jeans devono essere soltanto affari suoi, sapendo che in qualsiasi caso gli verserò la somma pattuita fino ai 18 anni – e solo dopo, se avrà voglia, potremo conoscerci. Invece purtroppo: “Appena si attiva il sostegno si riceve la fotografia del bambino, si scopre in che Paese vive, quanti anni ha e altre informazioni per iniziare a conoscerlo. Ogni anno si ricevono le sue informazioni aggiornate e una nuova fotografia insieme al Rapporto Annuale sui risultati raggiunti. Inoltre si riceve un disegno del bambino fatto proprio per il sostenitore!”* Attenzione: certamente non biasimo chi adotta così, ma proprio non fa per me.

*Citazioni tratte da un sito di adozioni a distanza.

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