Naturalmente no

Fino a pochissimi anni fa la natura veniva considerata orribile e malefica, oscura e minacciosa, e una delle principali attività umane era quella di inventare dei sistemi per separarcene e proteggerci. Poi sono arrivate la coscienza ambientale, la Teoria di Gaia e Slow Food e il dibattito si è fatto più confuso; si è iniziato a parlare di “ritorno alle origini”, di riscoperta delle cose semplici della natura, dei contadini come depositari di un rapporto armonioso con l’ambiente – tralasciando certe questioni essenziali per inquadrare la questione. Eccone alcune.

Il tema del “ritorno alla natura”. Secondo molti studiosi il nostro essere Homo Sapiens si definisce proprio in termini di distacco dalla natura: più ne siamo lontani, più saremmo Sapiens. A sostegno di quest’idea c’è una semplice considerazione: fateci caso, moltissime delle invenzioni umane fondamentali, dal vestiario alla casa, dalle città alle medicine, sono pensate proprio per separarci dalla natura. O vogliamo dire che il freddo non è un fenomeno naturale? L’ambiente da sempre ci fa orrore, è ricettacolo di fenomeni terrificanti dai quali dobbiamo difenderci. Non a caso la natura che piace agli ambientalisti è il parchetto sotto casa, o un campo di fagiolini bio: vadano a farsi un giro di notte nella mia legnaia (da qualche mese ri-abito in campagna), o perfino nel boschetto (addomesticato ma non troppo) dietro casa. Luoghi dell’orrore dove la natura regna sovrana, l’uomo non ha alcun posto ed è evidentemente destinato a soccombere. L’unico ambiente tollerabile per noi è quello governato e ordinato, altrimenti c’è l’Autan o lo spray anti-scarrafone, bestia naturalissima con la quale però gli animalisti non sembrano avere buoni rapporti.

Tradizionalmente il punto di contatto tra l’uomo e la natura è il contadino, dipinto dai cittadini come un saggio conoscitore dei magici, miracolosi meccanismi dell’ambiente. Questa è una fesseria spettacolare, e chiunque abbia frequentato dei contadini lo sa benissimo. Non solo sono tra gli individui meno ecologicamente coscienti, ma avendo a che fare ogni giorno con l’ambiente lo trattano con grande disinvoltura. Anni fà un mio vicino pastore, per distinguere le sue pecore da quelle di suo fratello tagliò un orecchio a tutte le sue. Il suo vicino agricoltore una volta mi confessò il suo sogno proibito: asfaltare la vigna per poter vendemmiare con la Panda. Il contadino sbaglia? E’ vittima di una mentalità arretrata? Secondo me no. Fa quello che può, in un universo separato dove si trova in prima linea (o se preferite in ultima) nella lotta: contro i parassiti, le piante infestanti, le stagioni irregolari, la grandine, la siccità, le mosche – insomma l’ambiente. Il contadino non vuole tornare alla natura: vuole tornare a casa, dietro alla sua amata zanzariera (invenzione di immenso successo nelle zone rurali). Sa che la natura è feroce e aliena, e che noi umani certamente non ne facciamo più parte, semmai ne abbiamo fatta in passato.

Credo che per noi Sapiens non esista nessun ritorno alla natura possibile. Quello che mi pare più probabile è un accostamento progressivo, un cauto avvicinamento. Ho sempre trovato la tragica fine di Crocodile Hunter altamente simbolica: ucciso da quella natura con la quale cercava (con ottusa ostinazione) un contatto fisico, intimo, quasi amoroso. Mentre scrivo il mio gatto sta facendo strage di grilli in cortile: sono il suo integratore alimentare preferito, se ne mangia un centinaio al giorno. Questa è la natura. Alla quale possiamo avvicinarci, sempre con cautela (perfino qui in Italia), ma solo se possiamo accettarne la crudeltà innata, la selezione perfida e le manifestazioni spiacevoli o raccapriccianti. Altrimenti la zucchina del supermercato, magari biologica, come contatto con la natura andrà benissimo.

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