Real(web)Tv

Qualche anno fa ci avevano detto che un giorno internet sarebbe stata anche Radio e Televisione. I più veloci, ma meno lungimiranti, si sono subito attrezzati per trasportare, pari pari, questi media sulla rete. Il risultato, come sappiamo, è stato deludente: qualcuno ascolta la radio su Internet, ma di sicuro non ci si mette al computer alle 21 per guardare Gerry Scotti. Gli utenti (e le tecnologie, che spesso ne realizzano i desideri), col tempo hanno creato dei format autonomi per la rete, questi invece popolarissimi: il Podcasting per la radio e il Clip virale per la Tv. Dei Podcast si sa quasi tutto: programmi radio di varia natura, ascoltabili in treno o in macchina; valide alternative al piattume radiofonico nazionale. Sui clip video il discorso è più complesso.

All’inizio questi video circolavano perlopiù su pagine personali di prankster (di cui un buon esempio italiano è marok.org), ed erano di generi diversissimi: dallo spot esotico a schegge di tv, passando per i grandi classici del genere come l’autopsia dell’alieno. La risoluzione era bassa, i formati assai diversi. Con l’aumento di velocità delle connessioni, scaricare questi video è diventato velocissimo e alcuni di questi sono diventati “virali”. Cioè popolari, talmente tanto da diventare oggetto di conversazione, proprio come la Tv generalista. Non solo, ma alcuni dei protagonisti sono diventati vere e proprie star mondiali: la nonna che calcia il nipotino, o i due cinesi che fanno il playback degli N’sync. Ovviamente i pubblicitari (che sono sempre gli ultimi della classe) si sono buttati a pesce su questo fenomeno, e sono almeno un paio d’anni che, periodicamente, mi chiedono consigli per la realizzazione di video “virali”, con l’idea che questi si possano realizzare a tavolino. Un’idea sciocca: quello che era virale ieri già oggi è antico. Non solo: ora ci sono due strumenti potentissimi per favorire una viralità rapida e globale: i servizi come Youtube e le videocamere digitali. Grazie ai siti di distribuzione video, oggi è possibile davvero guardare una specie di Tv in rete, ma rigorosamente on demand e fatta di brevi clip che consentono una interattività da internet, da computer. Ci si può spedire l’indirizzo tra amici e guardarlo tutti quasi istantaneamente. Si può perfino presentare nel proprio blog, integrandolo all’interno di un post. Basta cliccarci sopra e parte il video.

Le videocamere digitali ormai sono onnipresenti, e filmare un’azione è diventato un gesto comune. Inoltre, grazie alle webcam, si è diffusa una certa dimestichezza con lo starci davanti. Quindi, a fianco del genere “stranezza televisiva” se n’è diffuso un altro: il videodiario. Su Youtube ce ne sono molti: alcuni buffi, altri drammatici, tutti molto virali perché autentici. Assai di più di qualsiasi prodotto ci propini la televisione. Dove finisce Real Tv (un programma orribile ma che, capitandoci, mi cattura sempre completamente) inizia Google Video, che se proibisce la nudità non censura niente altro. E dovendo scegliere tra Gad Lerner che intervista un filosofo e le auto-confessioni di un venditore di crack e armi, personalmente non ho dubbi.

Ovviamente su questo si innestano le ormai molte vicende che vedono protagonisti studenti, videofonini, sesso e violenza. Molte di queste storie mostrano una realtà di disagio profondo, come il mobbing al ragazzo down filmato e messo in rete. Spesso però c’è un’inventiva (e un gusto per l’estremo) che non può non far riflettere quelli che fanno la televisione (che però in classe vengono perfino dopo i pubblicitari). Dice: “Ma quelli sono ragazzi irresponsabili col videofonino, mentre noi siamo una rete nazionale.” Fattostà che sempre meno gente guarda le reti nazionali e ogni giorno l’audience dei ragazzi aumenta. Non solo, ma i loro video poi diventano veramente virali, mentre quelli fatti dalle agenzie sono solo soldi buttati – da clienti sedotti dall’ultima parolina magica del marketing.

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