Qualche sera fa, guardando la serie SanPa: Luci e tenebre di San Patrignano, mi è tornato in mente il titolo di un libro di Thomas Szasz pubblicato in Italia nel ’74 col titolo Il Mito della Droga: La persecuzione rituale delle droghe, dei drogati e degli spacciatori (Feltrinelli). Titolo molto azzeccato (benché diverso dal bell’originale Cerimonial Chemistry), perché consente di capire perfettamente l’atteggiamento delle società occidentali nei confronti della droga. Che, come dicevo qui qualche mese fa, non è un termine tecnico: è “Droga” quello che il legislatore considera tale. Non c’entrano né gli effetti né la pericolosità, altrimenti Alcol e Tabacco sarebbero delle droghe. Data la grossolanità del termine, anche tutto il linguaggio sulle droghe diventa impreciso: si può parlare di “Tunnel della Droga” per la Cannabis?
Oltre a essere politico, Droga è diventato un termine magico, epico, quasi religioso: “Onore a San Patrignano, a Vincenzo Muccioli e a chi combatte ogni genere di Droga” è stato il commento di Salvini alla serie tv. La droga si combatte, come la guerra di Troia, e chi lo fa è degno di onore. Ma a pensarci bene l’intero dibattito intorno alle droghe è mitologico, a partire dal concetto fondativo della comunità di Muccioli, e cioè che la Droga è un “Inferno” dal quale non si esce – se non col metodo SanPa. Non solo questo non è vero (per ogni tossico “guarito” da Muccioli ce ne sono molti che hanno smesso da soli, senza ceffoni), ma sposta il dibattito dalla scienza alla magia, alla mitologia. Come sanno anche i sassi, di droghe ce ne sono di molti tipi, e applicare il metodo Muccioli a un consumatore occasionale di Ecstasy sarebbe una follia criminale e un’assurdità scientifica – per tutti tranne per chi sguazza nel Mito della Droga, come Salvini o i Muccioli. Questa approssimazione produce spesso effetti drammatici; non tutti i genitori hanno gli strumenti per capire le sostanze, si affidano a quello che gli dice la Tv. Quindi quando scoprono che il figlio si è fatto qualche pasticca, nella loro mente è “Drogato”, una parola insensata e malvagia che non significa niente e serve solo a spaventare le persone spesso inutilmente – come il Babau.
Tutta la comunicazione istituzionale sulla Droga è viziata da questa ambiguità, e perfino lo slogan-spauracchio “la Droga uccide” diventa una stupidaggine se sai due o tre cose sulle droghe. Terribile, perché poi esistono sostanze davvero pericolose, come gli Oppiacei o certe pastiche malfatte che possono provocare danni seri – e dipendenze di lungo corso. Se però tutte le sostanze stanno dentro un apparato mitico detto “Droga” ogni dibattito è impossibile, e la scienza è travolta dall’epica. Negli anni ’80 ho sentito Muccioli dire la seguente frase in Tv (cito a memoria): è in arrivo dall’America una droga 100 volte più potente della Cocaina, 100 volte più economica della Marijuana e che crea 100 volte più dipendenza dell’Eroina. Oltre a creare grande aspettativa tra i drogati (parlava del Crack, avvistato in Italia solo vent’anni dopo), questa frase rivela benissimo l’aspetto irreale, magico, sciamanico dell’approccio Muccioliano alla droga. Che infatti lui curava (a nostre spese) non con la scienza bensì con la magia, la religione e le mazzate.
Ovviamente il consumo di alcune droghe ha conseguenze drammatiche e richiederebbe interventi urgenti (un esempio è l’epidemia statunitense di Oppioidi sintetici, che esploderà anche qui). Ecco perché è urgentissimo uscire dalla mitologia della Droga, smettere di seminare il panico tra la gente e iniziare a occuparsi seriamente delle sostanze che possono fare danni e creare disagio sociale. Perché la frase “Onore a chi combatte ogni genere di Droga” non solo non ha nessun senso ma ci riporta in un tempo, non così distante, nel quale la scienza era asservita alla magia religiosa. Già c’è la pandemia, pure il medioevo culturale mi pare troppo.