Sono anni che lo dico, adesso voglio scriverlo: io detesto, disapprovo e combatto l’ideologia di (e l’associazione) Slow Food, che “significa dare la giusta importanza al piacere legato al cibo, imparando a godere della diversità delle ricette e dei sapori, a riconoscere la varietà dei luoghi di produzione e degli artefici, a rispettare i ritmi delle stagioni e del convivio.” Oltre a leccarsi i baffi, questi fautori della pappagorgia “si occupano di organizzare corsi, degustazioni, cene, viaggi” ovviamente legati al vizio di abboffarsi con tripudio.
Slow Food ha anche un manifesto, che dice tra l’altro: “Questo nostro secolo, nato e cresciuto sotto il segno della civiltà industriale, ha prima inventato la macchina e poi ne ha fatto il proprio modello di vita. La velocità è diventata la nostra catena, tutti siamo in preda allo stesso virus: la Fast Life, che sconvolge le nostre abitudini, ci assale fin nelle nostre case, ci rinchiude a nutrirci nei Fast Food. Ma l’uomo sapiens deve recuperare la sua saggezza e liberarsi dalla velocità che può ridurlo a una specie in via d’estinzione.”
Liberarsi della velocità? La civiltà industriale sconvolge le nostre abitudini? Ma quando mai? A me la civiltà industriale mi pare una figata pazzesca, mentre il lardo mi fa schifo, mi fa ruttare brutto e mi si ripropone per ore, stare a tavola più del necessario mi fa venire il nervoso, e alzarmi ricolmo di cibo mi fa sentire come una discarica. Mi fa inoltre orrore questa insopportabile nostalgia agreste, per cui il passato è sempre migliore del futuro: proprio il messaggio giusto da dare ai giovani.
I Viaggi di Slow Food poi mi terrorizzano solo all’idea: transumanti del colesterolo, portati in giro in carriola mentre si riempiono lentamente la faccia di leccornie locali – un turismo sessuale il cui orifizio è la bocca. Mi fanno spavento, e un po’ di tristezza. Non li proibirei, ovviamente (ognuno è libero di fottersi il fegato come crede), ma li tratterei come quegli italiani che, una volta in Olanda, si rinchiudono nei Coffeeshop: con sufficienza e un filo di tenerezza.
L’Italia ha una lunga e gloriosa tradizione di nobilissimo fast food, dalla pizza (che a Napoli si vende anche piegata in due, da mangiarsi a passeggio) allo gnocco fritto bolognese (quasi una droga pesante), i supplì (anche detti arancini), gli arrosticini abruzzesi, il salamino… Tutto cibo ottimo, veloce, antico ma molto contemporaneo – a differenza della Ribollita di mucca marinata per sei mesi in un brodetto di Barolo, sangue di capra al pepe verde e capperi tostati da chiappe vergini.
Le definizioni tipo “slow food”, da quel che vedo, fanno parte di un certo modo di pensare di molti che devono essere sempre alla moda, per istinto o naturale propensione.
Tuttavia molte volte mi fanno ridere: io ho capito che Slow Food, ad esempio, è il contrario di Fast Food che, per definizione, sappiamo cos’è dagli anni ’80.
E’ come dire che faccio un “Driving” per raggiungere una località di villeggiatura. Cioè, guido una macchina.
Potrei andarci anche “by train”, ma preferisco prendere la mia “car”,mettere in gabbietta il “cat” e trovarmi, dopo un’ora di viaggio a essere in coda sulla “highway” (suona meglio di “motorway”).
Certo, è un pò improbabile il tutto: è più semplice dire che tra un’ora bestemmierò in coda, e il mio gatto mi guarderà curioso o, peggio, se ne sbatterà e dormirà.
Credo che la definizione “Slow Food” arrivi da qualcosa che c’entra con la filosofia New Age.
Che, per quanto venga presa seriamente, per me di serio non ha nulla.
bravo sergio, come al solito hai sgamato l´ inghippo: mi faccio un week end di slow food cosi´ poi durante la settimana lavorativa ho l´ alibi per fotterli tutti con una azzeccata speculazione di insider trading.
Il vero countryside gentleman – e te lo dice un agricoltore- vive in una fast lane perenne e si nutre principalmente di pizza surgelata.
Il prossimo commento pero´ te lo scrivo in greco antico.
Caro Sergio Messina,
ma da dove cazzo salti fuori? Questo articolo sullo slow food è un emerita stronzata, e mi puzza un pò di fascistello futurista.
Non ha alcun senso; è preconcetto, ideologico e scorretto.
Mi sa che frequentare troppo tel aviv e culi merdosi ti ha sfondato i neuroni.
Ad ogni modo, spero che tutto ciò non sia lo (spiacevole) effetto (sui centri sinaptici) di qualche malattia tipo gonorrea o peggio, visto che hai un muso che non sembra tonicissimo.
O forse è la merda che ti hanno insegnato a mangiare.
Con i migliori saluti.
Valentino Ferronato
Oh, finalmente un visitatore vispo e attento. Fa piacere che dopo anni di gente che concorda c’è finalmente un Ferronato gagliardo e tosto che non ha paura delle sue opinioni. Opinioni peraltro assai ampie, dal Futurismo a Israele, passando per le malattie a trasmissione sessuale e la coprofagia: fa piacere sapere di essere letti da un intellettuale così raffinato e illuminista. E’ il primo di questo genere in sei anni – in effetti mi chiedevo quando sarebbe arrivato.
guarda: io non volevo infierire anche perche´ hai chiuso tu la faccenda molto decorosamente pero´ quello mi ha dato del culo merdoso gratuitamente e io non ci dormo la notte che sai quanto sono impressionabile.
Allora stamattina mi sono alzato e ho fatto la cosa giusta: sono andato dal maiale e l´ ho battezzato valentino ferronato cosi´ a gennaio prima di recidergli la giugulare col coltello da scanno gli sussurrero´ all´ orecchio -” allora, valentino, e adesso chi e´ di noi due ad avere il culo merdoso?”
Migliori saluti anch´ io.
f.
Un calciatore, purtroppo non ricordo chi, disse: “Sono completamente d’accordo a metà col mio Mister”.
Capita anche a me col tuo post su Slow Food.
> Liberarsi della velocità? La civiltà industriale sconvolge le nostre abitudini? Ma quando mai? A me la civiltà industriale mi pare una figata pazzesca…
Ecco, sono d’accordo con te al 1000 x 1000. La velocità è una delle cose più entusiasmanti della nostra epoca. E poi, sulla civiltà industriale… perfino quando sento i tanti che accusano l’industria culturale in Italia (dove non c’è industria culturale) rispondo: avercene!
> Mi fa inoltre orrore questa insopportabile nostalgia agreste, per cui il passato è sempre migliore del futuro: proprio il messaggio giusto da dare ai giovani.
Altra cosa giustissima che dici. Nello scontro Natura-Cultura, sto dalla parte della seconda. Quando fu inventato il fuoco ci fu il primo passo della cultura (come afferma Levy Strauss), via via la Cultura ha permesso di riparare tanti guasti della Natura che contiene anche, lo sai bene, veleni potentissimi. Vogliono pure quelli? S’accomodassero, mangiassero cicuta. Il passato meglio del presente, è la nenia di chi ha vissuto male la giovinezza o mai l’ha vissuta. Nascono Previti e muoiono Ghedini, ben gli sta!
> L’Italia ha una lunga e gloriosa tradizione di nobilissimo fast food…
Aggiungerei agli alimenti da te citati, se non mi togli il saluto, anche il kebab. Sono convinto che molte pietanze popolari da consumare anche camminando (ad esempio lo “scartosso” di pesce fritto veneziano (oggi lo si trova buono solo dalla mia amica Irina al “Fritolin” in Calle della Regina) siano da recuperare, da valorizzare. Pensa che una proposta in tal senso l’ho fatta al I Festival della Creatività, poi è andato tutto in fumo, giustamente, trattandosi di roba da fornelli.
D’accordo su tutto, quindi? No. Completamente, ma solo a metà.
Pur non amando – in parte per le ragioni che dici e per altre che qui sarebbe lungo elencale – chi dirige Slow Food, ricordo che tutto nacque non contro il cibo da passeggio, ma quello orrendo, consumato seduti o in piedi stando fermi, nelle tavole calde, nei Mc Donald et similia. Frotte d’impiegati vestiti da cassamortari che ingurgitavano (e ancora oggi inghiottono) robaccia frettosamente e “insalatone” (pfui!) quelli a dieta. Battaglia che condivido, quindi, quella della Slow Food nei termini che ho detto, augh!
Capisco, è perfettamente legittimo che alcune cose (lardo o altro) non ti piacciano, ma non sono d’accordo nel disprezzare la cucina dei grandi chef. Fanno Cultura contro Natura.
Non a caso sono disprezzati da due categorie di persone quelli che dicono “a me piace mangiare roba semplice” e a quelli che raccomandano “andate dove mangiano i camionisti, lì si mangia bene”… seeeh!
Senza intrupparsi in viaggi collettivi – sono tremendi tutti, da quelli enogastronomici a quelli per Lourdes – non trovo nulla di male nella ricerca di buoni posti, dove, di solito, non ci si abbuffa, ma si gusta pur saziandosi. A riprova di questo, molti, infatti, criticano (spesso solo per sentito dire perché mai ci sono andati) i ristoranti di pregio perché lì “fanno le porzioni piccole”. Ho sentito un sacco di gente, ma tanti tanti, parlare male di Vissani. Ci siete mai stati? Ho chiesto. “Chi? Io? Fossi matto” mi è stato risposto. Ora a me Vissani sta sulle palle, ma parlarne male senza avere mangiato da lui mi pare roba da pazzi.
A parte tale mia distanza dal tuo post, mi sono divertito per come è scritto.
Un saluto fast e un saluto slow.