Rumore

Il lettore Cadeddu (lettera a Opinioni, Rumore n° 63, aprile ’97) si lamenta che miniminor, dopo un inizio provocatorio sulle merci povere, si è persa per strada; guarda che questa non è “Mi Manda RadioGladio”: è una rubrica strutturata proprio come un compito in classe di italiano. In cima c’è il tema e sotto lo svolgimento a cura e discrezione del sottoscritto, che se ne assume ogni responsabilità (assieme all’incolpevole direttore). Ora, volendo uscirne bene e riguadagnarmi Cadeddu, potrei lungamente intrattenervi sulle gioie e dolori della linea Prezzo Amico, che vende un tonno in scatola (al naturale) apparentemente ucciso dal virus Ebola.

E invece stavolta voglio dire qualcosa di questo giornale, stimolato dalle lamentele (in parte giustificate) di Cadeddu e dalla bella risposta del direttore. Ma innanzitutto devo premettere che:

1) Prima di avere questa rubrica Rumore ha pubblicato due recensioni (bonariamente favorevoli) e un’intervista (breve ma de core) dedicate al sottoscritto. Non ce l’ho quindi con nessuno.

2) Non collaboro con nessun altro giornale; ho questa rubrica da aprile ’96 e non ci ho mai scritto di musica, né ho intenzione di farlo. Voglio dire che non ho particolari legami né col giornale né coi media musicali in genere; posso quindi permettermi una certa disinvoltura e distacco. Detto questo:

mi sembra assurdo attribuire a Rumore (o a qualsiasi altro giornale) un ruolo diverso da quello di specchio di una realtà. Rumore è il rumore che viene da una certa scena musicale. Se il rumore è un bel rumore, allora Rumore è un bel giornale, stimolante ed interessante; ma se quel rumore è un belare di pecoroni che fanno la fila per baciare il culo del gruppo di oggi (che tra 3 giorni nessuno ricorderà), allora il giornalista sarà costretto a discettare sulle tardive letture di Jovanotti, dichiarando di fatto che Lorenzo è meglio del coglione di turno, il che è tutto sommato vero. Come mai, o Cadeddu, ti aspetti che Rumore parli del prezzo dei cd (o anche solo lo aggiunga alle recensioni, reputandola una informazione rilevante) se il rumore che viene da fuori è il fruscìo delle banconote dei lettori che se ne fottono della musica a basso costo, e se la comprano a 40.000 al pezzo senza fiatare? Idem per il resto: guardati intorno. Dici che all’inizio Rumore era migliore; forse è vero, ma anche i tempi (musicalmente parlando) erano migliori (niente nostalgia: mi pare questa una fase di pochezza). Rumore è (più o meno) il rumore che fate voi lettori. Lo dice benissimo Sorge nella risposta quando invoca “una lettera che dia dei consigli costruttivi e non la solita sequela di critiche accompagnate dal nulla propositivo”. Siete voi che fate questo giornale: lo state già facendo. Prendetevi le vostre responsabilità, muovete il culo e vediamo cosa cazzo sapete fare: free your mind, and Rumore will follow (e se non seguirà, allora gli faremo il culo).

Credo poi che questo giornale abbia la malattia cronica della stampa “rock” italiana (e della scena in genere): pochi prendono davvero seriamente il proprio lavoro. Hanno mille giustificazioni per farlo in modo sciatto: “mi pagano poco”, “non escono bei dischi”, “il direttore non capisce”, “devo scrivere troppi articoli per poter approfondire”, “il cd non mi è arrivato” (come se le notizie dovessero andare a mordere il culo dei giornalisti per essere pubblicate): sono scuse, e dopo un po’ è patetico sentirvele ripetere. Dice il saggio: “vivere ogni giorno come fosse l’ultimo”, che nella mia lingua vuol dire anche “compiere ogni azione con profonda consapevolezza”; fare i dischi, fare l’amore, vendere salumi e perfino scrivere una recensione sfavorevole ma documentatissima del singolo degli Unbelievable Cazzons per Rumore.

PS: Scrive Sorge che alcune majors hanno depennato pagine pubblicitarie dal giornale dopo stroncature dei loro artisti. Siamo di fronte ad un comportamento da veri manigoldi. “Se i vostri figli sapessero come siete veramente, vi ucciderebbero nel sonno” (F. Zappa).

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