O ti fai o ci resti

Una delle opinioni più largamente diffuse è che la droga non si debba prendere. Certo, negli anni ’60 alcuni pericolosi hippies dicevano che allargava l’area della coscienza, ma sono state voci isolate: di solito l’uso di droga si condanna. Drogarsi, e cioè fare un “viaggio artificiale”, “sballarsi”, “stare fuori” – insomma alterare lo stato mentale che gli psichiatri chiamano di veglia – è considerata un’attività da disadattati, da gente (perlopiù giovani) che ha tempo da perdere; E molta della dissuasione si basa su questo: la droga ti rende inutile, improduttivo, demotivato, impotente, etc.

Sul mercato ci sono sempre però state anche altre sostanze il cui effetto è l’esatto contrario della droga: gli stimolanti. Fino agli anni ’60 gli studenti facevano le nottate prima degli esami con la Simpamina, un’amfetamina all’epoca molto comune. Ma se la Simpamina oggi è illegale, sul mercato ci sono migliaia di prodotti il cui senso è esattamente lo stesso: stimolare.  Sono il contrario della droga: non fuori ma dentro, non pigro ma iperattivo, non pericolosamente perso in inutili fantasie (magari di un mondo migliore) ma decisamente presente ed immerso (in un mondo di merda).

Questa roba ovviamente non sballa: niente trip, foranza o stupefazione ma l’esatto opposto: aumenta la produttività, e non stimola solo il corpo ma anche le cellule grigie*. Non si prende alla fine della giornata per rilassarsi e dimenticare il lavoro (come una birra o una canna); al contrario, si prende all’inizio per attivarsi, per rendere di più* (e verrebbe da dire “per ricordare il lavoro”). Nello sport lo chiamano doping, ed è vietato: perquisizioni, arresti e squalifiche, anche pesanti. Il messaggio è che lo sport deve rimanere pulito, una competizione tra uguali dove vince il migliore e non quello col farmacista più bravo, dove trionfano fatica, sofferenza, onestà, pulizia e duro lavoro. Perché lo sport, essendo una pratica profondamente simbolica, deve restare incontaminato. Ma incontaminato da che?

Dal mondo reale, il nostro, che invece usa, ama, apprezza e approva il doping nelle sue molte forme, abbagliato dal mito dell’efficienza senza limiti. Lavoratori, casalinghe, studenti, anziani: è l’idea dell’eterna gioventù, della resistenza ad oltranza, della competizione abbestia, di tutti ‘sti stronzi tonici e abbronzati che non perdono un colpo e ti fregano il posto. Chiunque non sia all’altezza di questo standard deve correre ai ripari: diete, palestra, lettini, chirurgia e – ovviamente – il doping.

Diciamolo: nello sport sarà pure illecito, ma doparsi nella vita è considerato accettabile e implicitamente incoraggiato. Infatti se prendo una sostanza che aumenta il mio rendimento ci guadagna il mio status sociale ed economico: divento più brillante, più produttivo, faccio più sport, chiavo come un riccio (forse pure le vostre mogli), sono sempre sveglio e sulla breccia*. Questa è la filosofia di marketing di questi prodotti: non gliela fai? Fatti di Viagra, Gomme alla Caffeina, Red Bull, Creatina, Efedrina o qualsiasi altra leccornia stiano inventando in questo istante, e riparti di slancio*. Altrimenti sei fuori gioco*.

Non mi pare rilevante che le sostanze in questione siano legali: è l’idea che per sopravvivere a uno stile di vita impossibile uno si debba pompare chimicamente che mi sembra grottesca. Se uno è stanco forse il suo corpo gli sta dicendo di andarsene a nanna. Se uno la sera ha ancora energie da spendere in discoteca lo faccia, ma se per questo deve fare ricorso ad un prodotto specifico forse è meglio di no.

Come siamo caduti in basso: siamo passati da sostanze che (magari) allargavano l’area della coscienza a sostanze che (certamente) allargano l’area dell’efficienza, regalandoci l’incomparabile gioia di lavorare di più, l’ebbrezza frenetica di superare in volo gli avversari* e la fattanza sublime di fargli il culo, fare più soldi di loro da spendere in più puttanate…

*Espressioni contenute in varie pubblicità di stimolanti