Ieri pomeriggio sono andato a vedere una mostra sulla quale avevo grandi aspettative: Arcimboldo – Artista milanese tra Leonardo e Caravaggio. I quadri del mio geniale compaesano sono infatti sparsi in giro per il mondo, e la mostra a Palazzo Reale è un’ottima occasione, forse unica, per vederne molti tutti insieme. La visita non delude, e consente di godersi l’incredibile arte di Arcimboldo.
Purtroppo l’allestimento della mostra soffre di una malattia degli allestimenti moderni particolarmente diffusa e dolorosa: il fuffonismo quantitatevole compulsivo. Questa sindrome impone ai curatori di soffocare le opere più belle in mezzo a cose anche graziose ma che non hanno nulla a che vedere col protagonista della mostra. In questo caso si va dagli erbari d’epoca alle spade con l’elsa decorata, passando per una bella ma lunga e fuorviante sottomostra di studi cinquecenteschi sul grottesco che avrebbe potuto essere una mostra a sé. Insomma chilometri di sale piene, prima di arrivare al succo – i quadri di Arcimboldo.
Il sintomo di questo disturbo è sempre nel titolo delle mostre, o meglio nel sottotitolo, in questo caso Artista milanese tra Leonardo e Caravaggio; un’altra formula rivelatoria è E il suo tempo. Pare che la mostra di Goya fosse l’apoteosi di questa iattura: 5 quadri del genio spagnolo e sale e sale di fuffa, ovatta, riempitivo per divani – per l’appunto il suo tempo.
La sensazione, visitando la mostra di Arcimboldo, è che il curatore ci abbia preso tutti per Antonio Di Pietro, e abbia sentito l’esigenza di spiegarci tutto il ‘500, le sue tensioni culturali, la sua geopolitica… Inutile, e dannoso. Tantopiù che Arcimboldo non è Burri, e la sua arte funziona perfettamente anche senza alcuna spiegazione. Certo che questo però sottrarrebbe peso al curatore, il quale dovrebbe limitarsi a reperire e allestire una semplice mostra, senza poter dispiegare la sua creatività…
Detto questo, vale assolutamente la pena di visitarla. Il mio consiglio è di entrare, correre alle ultime sale (quelle con la ciccia) e poi procedere a ritroso. In questo modo non solo si gode di più ma, una volta riempiti gli occhi col bello vero, si può curiosare tra le spade e i portagioie, trovando chicche come il piatto qui sotto, cinquecentesco pure lui.