Qualche giorno fa ho chiuso via email (e viceversa, credo) con un noto operatore artistico (non so bene che definizione dargli, diciamo storico dell’arte: non vorrei offenderlo, anzi) – per mille ragioni con le quali non vi annoio: non è questo l’oggetto di questo post. Poi a un certo punto ho pensato: “Forse non gli ho mai davvero detto bene come la penso sull’arte”, e allora gliel’ho spiegato:
L’arte, nel 2009, secondo me ha l’obbligo di salvare il mondo, e e’ l’unica che puo’ farcela. Ovvio che se per arte si intende Cascella, o anche delle videate sfocate a loop che non si capisce una mazza (i cascella del duemila), non ci siamo. Ma grazie a dio ce n’è molta altra che invece ci prova – fin quasi a morirne (io ho fatto letteralmente la fame per molti anni, mentre “davo vita a una forma d’arte sin lì mai vista” e chi mi conosce lo sa benissimo). Artista e curatore sono figure che per molti anni ho detestato, finche’ non mi e’ successa una cosa strabiliante: ho incontrato artisti sensati, urgenti e pericolosi, e curatori attenti, speleologici e infuocati. Spero sinceramente che un giorno questo accada anche a te.
E poi ho scoperto un’altra cosa importantissima: sottrarsi non serve, il diniego e’ codardia, mollezza e sconfitta. Nella vita bisogna assumersi delle responsabilita’, prendere delle posizioni e indossare cappotti ingombranti che fai fatica a portare, come ad esempio capire che cio’ che si fa e’ arte, o il curatore. Il passo successivo è svuotare queste definizioni dal ciarpame accumulatosi in anni di sistema dell’arte, per poi riempirle di acqua fresca, droga, umori vaginali e senso. Questa è una chiave per la felicità, che è naturalmente una forma di disperazione.
E lui mi ha risposto:
mi spiace, non ci credo.
dimostri un’ingenuità disarmante.
sarebbe struggente, da una parte. ma dall’altra, non è possibile. non hai 25 anni. non ci posso credere che con l’intelligenza che hai, quello che scrivi e come, tu possa dichiarare queste posizioni rispetto all’arte e alla sua funzione.
Apro i commenti, ma vi prego di evitare cose tipo “Bravo Sergio, gliene hai dette quattro.” Non è quello il punto, naturalmente.
Per me Arte è l’equivalente di una parolaccia
usata da un mucchio di gente che ha paura di guardarsi in faccia;
invece io mi guardo,
temo di far schifo
e mi va bene così.
perchè faccio il mio modesto gioco e lascio stare le cose più grandi di me.
Forse non è molto pertinente, ma è stata la prima “definizione” che mi è venuta in mente al riguardo.
Anche perchè l’arte è talmente tante cose che non si può racchiudere in una definizione, sarebbe piuttosto scialbo e scontato, e l’arte non è né scialba né scontata.
ps. una volta qualcun altro ha detto che è la Bellezza che salverà il mondo.
Quando cresci comprendi che certe cose sono impossibili; altrimenti diventi un artista.
per la sintesi e la provocazione che contiene questa rimane la mia definizione preferita e non si discosta molto da quello che hai scritto tu.
L´ha detto pipilotti rist
Illuminante, grazie Sergio. Tu sei sicuramente un po’ ingenuo, forse volutamente. Ma chi è questo critico rassegnato? Se l’arte è in mano a persone di questo tipo, come si dice dalle mie parti “sta inguaiata”.
mi pare l’arte del 2009 (ma non solo dal 2009) sia timida e assimilabile al mercato dell’arte stessa.
i giovani artisti vogliono vendere, non cambiare il mondo. magari vanno a sentire qualche vecchio artista hippie che contestava il vietnam, ma ne sono più interessati al rapporto che ha con i galleristi, piuttosto che alle sue le idee.
Urca, che tema complesso.
Non ci pensavo su da anni, e dunque mi sono chiesto se nel frattempo non avessi cambiato opinione.
Premetto che ho stretti contatti con un(a) storico dell’arte, e posso capire che la trasformazione di una passione in un lavoro possa distorcere la prospettiva sulla questione.
Non credo che avere una visione dell’arte come quella che hai espresso significhi essere ingenui.
Condivido anzi questa visione se significa che nell’arte ci sono i germi di una speranza, che l’arte, in quanto mezzo di espressione libera e personale, si possa fondere in molti esseri umani con l’aspirazione al miglioramento della società, dei rapporti umani, dell’evoluzione storica dell’umanità, della spiritualità e così via. Il fatto stesso di dare sfogo alle proprie emozioni attraverso l’arte è un modo per migliorare se’ stessi, in qualsiasi forma e se fatto con sincerità e non con spirito mercantile.
Non sono convinto invece – e non so se era ciò che intendevi – che non possano esistere artisti che, pur non sentendo “l’obbligo di salvare il mondo”, siano capaci di un’arte sublime, che io possa apprezzare ed in cui mi possa riconoscere.
La salvezza del mondo d’altronde è un concetto molto difficile da definire con esattezza e nel quale, volendo, si potrebbero inserire molte cose.
Cerco di spiegarmi con un esempio: se nella mia arte esprimo in modo altissimo la mia mancanza di speranza, sto “salvando il mondo”? Intenzionalmente no, ma suppongo che la risposta dipenda dalla reazione di chi fruisce della mia arte, il quale può essere sia spronato a reagire in positivo, abbracciando la mia richiesta d’aiuto in quanto uomo che soffre, oppure ad annichilire la propria speranza identificandosi con l’artista.
Certo, di “arte” brutta e che non serve a niente siamo stracolmi. Ma di quella buona ce n’è in giro tantissima…
Preciso: riflettendoci, anche grazie a voi, riscriverei la frase “L’arte, nel 2009, secondo me ha l’obbligo di salvare il mondo” con “L’arte che mi emoziona e assomiglia nel 2009 è fatta con la convinzione di salvare il mondo”. Che poi ci riesca è assolutamente secondario, anche se aiuta.
Concordo con Michelangelo: esistoni artisti sublimi che non si propongono questo, li rispetto e non ne desidero l’estinzione; però a me ispirano di meno. In generale la mia molla (come spettatore e come manufatturante) è legata a questo aspetto di cambiamento (che ha moltissime pieghe, alcune più nascoste o indirette). Naturalmente una delle sue massime espressioni è il tema dell’impossibilità del cambiamento, della mancanza di speranza, ecc.
Grazie Sergio! oggi sento di poter dire a me stesso che forse sono riuscito a cogliere il senso della lezione di Joseph Beuys, lezione che hai meravigliosamente interpretato e metabolizzato.
Quando quattro anni fa scrivevi a proposito di un’opera senza cornice devo ammettere che avevo erroneamente letto queste tue parole solo come se fossero una scandalosa provocazione (e per molti – me compreso – lo scandalo è talvolta ‘arte’).
Dopo un anno, quando menti illuminate oltralpe applaudivano alla tua sensibilità nella ricerca ‘realcore’, un bel giorno all’improvviso nel tuo blog scrivesti che JB ha ragione da vendere.
Ho impiegato quattro anni per capir veramente ciò che intendevi dire allora ed oggi per questo motivo mi hai fatto sentire più ricco.
Grazie Sergio, veramente!
beh, l’arte è semplicità disarmante, quindi l’approccio alla materia non può che essere che di questo tipo (duchamp che disegna i baffi alla gioconda, haring e i suoi graffiti, cattelan e i bimbi impiccati a milano, tunick e le sue piazze stracolme di gente nuda, ma anche la semplicità espressiva di una gioconda, l’immediatezza dei girasoli di van gogh, e chi più ne ha più ne metta – esempi banali, forse, ma sicuramente artistici)
e l’arte ha sempre avuto la funzione primaria di “salvare il mondo”, se non altro quella di salvare gli uomini da se stessi.
al di là di cascella e della vacuità di certe installazioni…
se quel signore che citi è un operatore artistico farebbe bene a cambiare lavoro. oltre ad essere piuttosto indisponente con un commento del tipo “non hai 25 anni”… e allora? che cazzo c’entra? come se l’età possa essere una discriminante rispetto ad alcune posizioni sul mondo.
Non essere aspro, Giandomenico: l’età è spesso una discriminante sull’atteggiamento da tenersi, specie per molti di quelli che 25 anni non ce l’hanno più. Non è il mio caso, ma potrebbe essere quello della persona in questione. Di solito crescendo si baratta l’idea di un mondo migliore con quello di una automobile migliore, ma non è certamente il suo caso: lo conosco abbastanza bene da poterlo testimoniare.
Ci si chiede, a questo punto, quale sia la funzione dell’arte secondo lui. Io il link al post gliel’ho mandato: magari ci manda un commento, anche anonimo, e chiarisce questo punto
non volevo essere aspro, intendevo solo dire che conosco “vecchi” che hanno idee e opinioni molto più “rivoluzionarie” e “ingenue” di tanti “giovani” che sono già “trapassati” ancor prima di passare i 18…
cazzo, ho inserito un po’ troppe “”!
Che bello quando mi dicono che sono di una ingenuita’ disarmante, come godo quando pur avendo 30 anni mi dicono “ma non hai piu’ 20 anni…sveglia !!! ” … ecco queste sono due delle cose che mi fanno andare a dormire con un gran bel sorriso. Credo che sia veramente una questione di punti di vista, penso che la cosa importante sia essere felice di cio’ in cui si crede, amare cio’ in cui si crede, anche se a volte si piange e si soffre.
La creativita’ non ha un vestito, la creativita’ non ha una definizione ben precisa, un’eta’ o attributi come l’ingenuita’ o l’intelligenza.
Ma non e’ necessario spendere altre parole, Sergio sei stato gia’ piu’ che esaustivo.
Signore senza nome, anche lei.
E grazie ad entrambi “l’arte e le sue funzioni” continueranno a procedere a ritmo, con il ritmo di che le conosce.
E chi le conosce si addormento con un sorriso…
ciaooo sergioooooooo !!!
scusate signori
ma sulla esperienza dell’Internazionale Situazionista cosa avete da dire?
a questo punto mi sembra un punto sul quale cimentarsi
L’arte ha una funzione? Ne siamo proprio sicuri? O piuttosto singoli artisti o correnti hanno perseguito e perseguono gli scopi più vari, dalla pura celebrazione del potente di turno alla provocazione, dalla mera rappresentazione della realtà fino alla denuncia.
Forse vedere una funzione nell’arte è come prendere questo o quell’artista con il cui scopo abbiamo più feeling e dire “ecco, questa è la funzione dell’arte”, trasformando quello che ci piace davvero e che condividiamo in funzione necessaria (o missione) dell’Arte e degradando il resto.
Insomma, credo che per te l’arte debba salvare il mondo perché a te piacerebbe che fosse così. l’intelligenza e l’età non c’entrano niente:
per altri l’arte ha l’obbligo di far fare soldi o di dare un tocco di colore ad un muro o di portare la mente in un posto dove non era ancora stata.
Io non credo che l’arte abbia l’obbligo di salvare il mondo. Se salvare il mondo è obbligo di qualcuno, allora è l’obbligo di tutti quelli che credono che sia possibile o che non credono che sia possibile ma vorrebbero tanto che lo fosse. Con l’arte ed in qualsiasi altro modo.
penso che l’arte, se la vogliamo chiamare così, debba aggiungere un pensiero critico sul reale, magari non salverà il mondo ma deve dare qualcosa, stimolare una riflessione, esprimere una posizione, dare emozioni, stupire e secondo me deve anche avvicinarsi alla gente, comunicare. Altrimenti, se non comunica, non esprime e rimane totalmente dentro il sistema dell’arte non serve a molto, se non, in quanto parte di un sistema, a creare reddito – facendosi spesso portatrice di falsa coscienza.
Oltre a svuotare le abusate definizioni di artista e curatore “dal ciarpame accumulatosi in anni di sistema dell’arte, per poi riempirle di acqua fresca” come dici, o di altri significati, bisognerebbe creare ambiti differenti dal sistema dell’arte, aperti, liberi, multidisciplinari dove le idee possano circolare e dove poter fare arte e cultura e condividerla al di fuori di logiche già stabilite e omologanti.
Mi riferisco alla situazione italiana, dove la situazione dell’arte e della cultura è grave e la libertà di espressione libera è più che mai minacciata.
Hai espresso uno dei pensieri rigurdanti l’ arte che condivido, l’ arte salverà il mondo……. una speranza tra le ultime rimaste in particolar modo per chi è giovane come me.
Cari Saluti.
Aldo V.
Biella
Condivido con dolore quello che hai detto, essendo un artista dopolavorista, ossia uno che non ha avuto il coraggio di essere artista (vivere d’arte) e ha sempre fatto un lavoro “normale”. Oddio: faccio il libraio, non è neanche tanto alienante come lavoro. Così ti suggerisco (se non lo conosci già)questo libro scritto da due miei concittadini: http://www.mulino.it/edizioni/volumi/scheda_volume.php?vista=scheda&ISBNART=11294.
Saluti dall’Itaglietta.
credo che possa forse essere interessante riportare il confronto laddove è nato. temo che l’aver estrapolato solo una parte – per quanto rilevante – di un lungo epistolario, chiamiamolo così, possa produrre ambiguità e generare cattiva comprensione. per esempio, non mi sognerei mai di confermare l’affermazione sull’ingenuità se non contestualizzata nello scambio precedente con sergio, ed è evidente che, così com’è, sia offensiva gratuitamente e, soprattutto, a sua volta ingenua.
il dibattito iniziava, e qui sta il malinteso temo, proprio a partire da una sollecitazione a sergio sull’arte, i suoi parossisimi e i suoi bordi. su come la questione in gioco sia l’urgenza e la necessità, a prescindere dal frame. frame significa sistema dell’arte. e su questo c’è ambiguità, evidentemente.
penso che se non c’è chiarezza per chiunque crei, rimanipoli o produca (nelle tre accezione stereotipali dell’invenzione più o meno romantica e poi rimaneggiata, dell’atteggiamento tipicamente controculturale o in quello dei mercati) su cosa si intenda convenzionalmente con ‘arte’, la questione rischia di essere un problema che genera fatiche, malumori ed eventualmente frustrazioni.
sulle funzioni dell’arte siamo tutti, più o meno utopisticamente, d’accordo.
ma occorre esserlo anche sul campo temo. e con campo intendo “sistema dell’arte contemporanea”, che è quello a cui m i riferivo. che, insisto, non vuol certo dire nè arte, nè tantomeno contemporanea.
molti saluti
a