La scorsa settimana, mentre tentavo con parziale successo di fare un pochino di mare, non mi è sfuggita la presunta notizia (che in molti mi hanno segnalato, grazie davvero) sulla Cannabis terapeutica in Italia. Dico presunta perché non mi pare sia davvero una grande novità. Dice Repubblica: “Lo Stato produrrà marijuana a uso terapeutico. Verrà coltivata dall’esercito, nello stabilimento chimico militare di Firenze, (che produrrà) i farmaci derivati dalla cannabis contro il dolore finora importati dall’estero a costi elevati”. Viceversa, “Nel nostro paese l’utilizzo di questi medicinali è consentito dal 2007, ma per ottenerli bisogna affrontare una procedura complessa e lunga. Per questo sono pochissimi i pazienti che accedono a queste cure.” Su questo fronte così delicato non c’è alcun cambiamento. La notizia invece è che si è scelto l’Esercito per produrre le piante. Un segnale chiarissimo: zona militare, divieto di accesso, altolà, chivalà, pum.
La riflessione invece mi pare interessante: la California, dove pure esiste la Cannabis terapeutica, ha scelto di affidare la produzione a migliaia di piccoli coltivatori indipendenti, e la distribuzione a una rete capillare di negozi (rigidamente regolamentati) sparsi sul territorio. Chi fa la Chemioterapia può quindi farsi prescrivere la Cannabis dal suo medico, e poi comperarla non lontano da casa – senza alcuna ulteriore procedura. Mi pare evidente che questo approccio, certamente controverso per la semplicità col quale si aggira, non solo facilita la vita dei pazienti ma produce un immenso reddito diffuso e produrrà dei dati utilissimi per la scienza. L’approccio renziano invece si limita a intensificare l’aspetto poliziesco, affidando la produzione all’esercito – manco fossero esplosivi. E per i malati non cambia niente (che mi pare il trade mark dell’attuale governo, insieme a un bizzarro flavor di destra).
Vi ricordo che esiste sempre la mia proposta per una nuova regolamentazione della Cannabis in Italia. Potete leggerla e diffonderla, se vi piace (e persino farvela piacere su Facebook, per dire).