La tristissima vicenda della signora Shalabayeva e di sua figlia, precipitosamente deportate in Kazakistan (sulla vicenda di lei e suo marito dissidente miliardario non entro: troppo complicata, se ne sa troppo poco) in circostanze inaccettabili (aereo privato, agenzie di investigazione coinvolte, una perquisizione con un rivelatore termico per scoprire nascondigli nei muri, ecc.), del mega fuck-up istituzionale che ne è seguito (giusto una domanda: come mai i diplomatici kazaki avevano contatti col Ministero degli Interni? Non si tratta di uno stato estero?) e della compilation di coperture istituzionali a tutti i livelli per salvare questo governo, mi consegna una sola morale, e cioè che l’Italia è ancora il paese a cui i potenti possono dire quello che vogliono che va bene lo stesso: che un’africana pare un orango, che Ruby è la nipote di Mubarak, che la signora Shalabayeva non aveva i documenti in ordine, che è evidente che Alfano non sapeva, che hanno fatto tutto dei burocrati senza dire niente a nessuno, che però adesso abbiamo revocato l’espulsione e quindi potranno tornare… E potrei andare avanti: che a Ustica c’è stato un incidente, che la trattativa stato-mafia ha visto l’esclusiva partecipazione della mafia senza rappresentanti dello stato, che in Italia c’è la libertà di parola (una puttanata industriale reiterata all’infinito), che la P2 non ha fatto niente di male e via dicendo. Alla fine va bene tutto, nessuno si dimette e tutto continua come prima. E mentre scrivo so che c’è qualcuno da qualche parte che sta pianificando una porcata, a nostre spese (nel senso che paghiamo noi), certo di farla franca come tutti gli altri.

