Scusatemi, so che forse non dovrei, ma non riesco. Mi pare evidente che questo paese abbia perso ogni speranza; non dico la capacità di sognare, ma anche quella di rialzarsi. Alle elezioni non esistono idee (a meno che quella di Bersani di andare al governo con Fini e Casini vi sembri un’idea), non esistono schieramenti opposti (tutti cattolici, tutti democristiani, tutti in corsa verso il centro – il maledetto centro), non ci sono differenze. Sì, c’è il solito Berlusconi che anche stavolta riesce a risultare più inconsistente degli altri – ma deve sbattersi il quadruplo: la gara della giacca vuota quest’anno è molto competitiva. Niente proposte, zero idee, nessuno osa, le uniche battaglie sono quelle ovvie su cui non esiste disaccordo (come quella sulle unioni civili, oramai accettata da tutti; sui matrimoni gay ho la stessa opinione che ho su quelli etero, mi sembrano inutili carnevalate). La ragione per cui le idee non servono più è agghiacciante: non interessano gli italiani. Che votano per tornaconto, per clientela, per interesse: eleggono chi promette loro non un futuro radioso e progressista (o moderato, o conservatore) bensì un posto, un trattamento di favore alla propria corporazione, un qualche ritorno personale e diretto.
Non andrò a votare. Non mi interessa affatto sostenere questo metodo; non appartengo ad alcuna corporazione o sindacato; non ho interessi personali da difendere. Mi mancano le idee, magari impossibili ma utili a capire di che pasta sei fatto. Un esempio? La folle, aberrante situazione carceraria italiana. Le proposte in campo? Due (bipartizan): pene alternative al carcere e costruzione di nuovi penitenziari. Nessuno, dico nessuno, ha pensato alla depenalizzazione di certi reati, forse perché sarebbe sembrata un’idea berlusconiana. Solo che lui depenalizza i reati che lo interessano (come il falso in bilancio, che riguarda una fetta assai esigua della popolazione) e gli altri possono morire. Col risultato che nel 2013 le carceri sono piene, perlopiù di poveracci in attesa di giudizio, mentre i tribunali sono intasati da procedimenti penali riguardanti uso di droga e prostituzione – due reati che nella quasi totalità dei paesi civili non sono più tali. Come mai nessuno l’ha proposto (se non i radicali, perdenti per statuto)? Facile: gli esperti di comunicazione li hanno convinti che si tratta di questioni dannose alla loro immagine, che poi gli avversari li avrebbero chiamati magnaccia e drogati, e che in realtà si tratta di categorie che non votano, quindi elettoralmente inutili. Molto meglio far sognare i pensionati (che sono milioni e vanno alle urne) o mandare soldi (“contanti”) ai proprietari di case (circa l’80% della popolazione).
Più lo guardo, più il mio paese mi pare morto.
Condivido tutto. Però credo (credo, eh) che stiamo lentamente arrivando alla fase di saturazione anche sul versante ‘Analisi’. E’ ormai certificato che siamo in un paese morto. Si affaccia timidamente un ‘Quindi’, dal buio delle nostre coscienze, tuttavia. La risposta che ti sei dato, a questo eventuale ‘Quindi’, è non votare? La consideri una risposta? Esiste una risposta? Sono domande non retoriche, che mi pongo tutti i giorni anche io. Non possiamo morire di analisi, ecco.
Dici “Si affaccia timidamente un ‘Quindi’, dal buio delle nostre coscienze, tuttavia.” Ecco, no, a me non mi si affaccia più. A te sì? Il mio non votare non è una risposta al “quindi”, bensì una reazione alla sua assenza. E poi, se “E’ ormai certificato che siamo in un paese morto” è bene che ci rassegnamo: o adesso i morti resuscitano?
Se è morto, è andato, perché preoccuparsene allora? Questi post da cosa nascono? Da necrofilia? Chiedo.
Dal fatto che sono nato qua, che parlo di quello che vedo e di quello che non vedo, dal (piccolo, sempre meno doloroso) lutto per la sua morte, dalla platea italiofona (e quindi perlopiù italiana) a cui mi rivolgo.
Dal mio piccolissimo e parzialissimo e opinabile punto di vista, l’analisi non (mi) basta più. Cerco soluzioni, anche personali. Ma entriamo nella sfera appunto personale di carattere, attitudine all’elaborazione del lutto e altri dettagli. Apprezzo sempre, comunque la (tua) lucidità, sempre necessaria, a prescindere dalle intenzioni. Io voterò, per dire, ma più per rispetto verso me stesso: io credo di rispettarmi di più con un inutile gesto concreto che fomenta il sistema collassato, che in un silenzioso ripiegarmi sulla rassegnazione nei confronti di esso. Ma è un discorso appunto estremamente soggettivo. In fondo, poi, il mio rilievo contiene già la tua profezia: l’incapacità di produrre soluzioni.
“Cerco soluzioni, anche personali.” Secondo me è assai corretto come atteggiamento. La vera politica nel 2013 consiste nell’esempio, e nelle soluzioni personali. Nell’ottica leninista, ovviamente: il personale è politico.
Con buona pace di Attimo azzarderei un analisi: di idee si parla agli uomini liberi e libero è colui che possiede solo quello con cui è nato, iperbolicamente. Se hai una casa (imu, rsu), un automobile (bollo, assicuraz), dei figli (tasse scolastiche, libri di testo) sei più disponibile a barattare le idee con uno sconto, due condoni, una confezione di privilegi su misura. La frase di M. era incompleta: la proprietà privata è un furto della libertà personale. Quindi più che di morti parlerei di schiavi e non vedo uno Spartaco all’ orizzonte.
fuckin camel, in effetti
Io ho figli, macchina, casa, ma NON ho alcuna intenzione di barattare alcunché, tantomeno le mie idee o il mio modo di essere. Certo, la proprietà privata ecc… ecc… ma la libertà personale senza un minimo di proprietà privata non serve a un cazzo, se no uno se ne va a vivere nudo coi lupi nel bosco.
Siamo morti, come nazione e come popolo, ma personalmente mi sento vivo e la mia politica la faccio ogni giorno lottando nel mio piccolo contro la merda e a discapito della merda e senza chiedere sconti né cercare scappatoie.
Grazie.
Beh, è chiaro che chi non ha nulla è davvero libero, però nel 2013 è libero di fare ben poco. Il punto è sempre l’etica personale, e cioè non tanto quello che possiedi ma quanto questo possesso influenzi le tue scelte, le tue idee. Un minimo fisiologico mi sembra inevitabile; “ho un abuso edilizio in casa e quindi voto per chi promette il condono” invece no. Penso che si possa essere non-schiavi anche possedendo qualcosa. Il tema però è lievemente diverso: schiavi, liberi, proprietari e pezzenti, noi italiani mi sembriamo tutti un po’ morti, definitivamente rassegnati a un’amministrazione rozza, avulsa e massimalista. Talmente tanto che quando poi invece scopro che altrove capita altrimenti sono sempre meravigliato e ammirato: invece dovrei dirmi “quello è normale, invece è questo che dovrebbe meravigliarmi” – ma non ci meraviglia più.
Votare o non farlo in queste circostanze è una scelta personale, secondo me non proprio giudicabile. Tipo scegliere se sui piedi si preferisce un’incudine o un martello, alla fine è questione di gusti.
Sulla mortezza – può essere, forse più che altro una spirale di autoassoluzione, lamentosità e profezie autoavveranti (“Silvio è una catastrofe ma è un così bravo comunicatore, secondo me potrebbe vincere di nuovo…”), che alla fine forse forse meglio i sei piedi di terra sopra. Ma la politica fa schifo anche da altre parti, quello che un po’ mi spaventa è il resto, e in questo senso, preoccupantemente, il divario tra chi è dentro confine e chi è fuori (anche solo con la testa) si allarga sempre di più. Non ci capiamo vicendevolmente. E non è proprio una bellissima cosa.
Però, oh, si sopravvive ugualmente, anche piuttosto bene.
e infatti avevo detto iperbolicamente, sono un cammello, non un neopauperista a sfondo luddista suicida… e sul filo dell’ iperbole vorrei procedere: condivido sia la scelta di chi vota che di chi non vuole votare MA in un clima in cui anche un senatore a vita si propone leader di uno schieramento elettorale (prima volta nella storia della Repubblica), cioè di illegalità diffusa anche ai massimi livelli istituzionali (specifico per giandomenico che in valtrompia non sanno leggere tra le righe), rispettare le regole diventa un gesto rivoluzionario, quindi: pagare le tasse, non parcheggiare in doppia fila, richiedere lo scontrino nelle botteghe e, possibilmente, votare, che è un diritto ma anche un dovere.
E mai come questa volta un dovere particolarmente sgradito…
Sul fatto che in valtrompia non sappiano leggere tra le righe non ne sarei così sicuro… :-)
“in un clima in cui anche un senatore a vita si propone leader di uno schieramento elettorale (prima volta nella storia della Repubblica), cioè di illegalità diffusa anche ai massimi livelli istituzionali, rispettare le regole diventa un gesto rivoluzionario.” Bravo Cammello: ci aggiungerei anche che detto senatore a vita aveva giurato mille volte che non si sarebbe candidato. Però attenzione: che nessuno tocchi la Val Trompia, crogiuolo delle arti e culla delle civiltà.
“Il capo del Governo si
macchiò ripetutamente durante la sua carriera di delitti che, al
cospetto di un popolo onesto, gli avrebbero meritato la condanna, la
vergogna e la privazione di ogni autorità di governo. Perché il popolo
tollerò e addirittura applaudì questi crimini? Una parte per
insensibilità morale, una parte per astuzia, una parte per interesse e
tornaconto personale. La maggioranza si rendeva naturalmente conto
delle sue attività criminali, ma preferiva dare il suo voto al forte
piuttosto che al giusto. Purtroppo il popolo italiano, se deve
scegliere tra il dovere e il tornaconto, pur conoscendo quale sarebbe
il suo dovere, sceglie sempre il tornaconto. Così un uomo mediocre,
grossolano, di eloquenza volgare ma di facile effetto, è un perfetto
esemplare dei suoi contemporanei. Presso un popolo onesto, sarebbe
stato tutt’al più il leader di un partito di modesto seguito, un
personaggio un po’ ridicolo per le sue maniere, i suoi atteggiamenti,
le sue manie di grandezza, offensivo per il buon senso della gente e
causa del suo stile enfatico e impudico. In Italia è diventato il capo
del governo. Ed è difficile trovare un più completo esempio italiano.
Ammiratore della forza, venale, corruttibile e corrotto, cattolico
senza credere in Dio, presuntuoso, vanitoso, fintamente bonario, buon
padre di famiglia ma con numerose amanti, si serve di coloro che
disprezza, si circonda di disonesti, di bugiardi, di inetti, di
profittatori; mimo abile, e tale da fare effetto su un pubblico
volgare, ma, come ogni mimo, senza un proprio carattere, si immagina
sempre di essere il personaggio che vuol rappresentare.
Elsa Morante”