Tra i molti benefìci portati dalle conquiste sul fronte dei diritti delle persone omosessuali ce n’è uno che trovo particolarmente importante. Finalmente la società contemporanea può riflettere su certi temi andando oltre la questione rivendicativa, un aspetto fondamentale (e una battaglia ancora in corso) che però quasi sempre radicalizza il dibattito. Invece il tema dell’influenza delle persone LGBTQ+ nella società è ampio, ricco e profondo, e non riguarda affatto solo quella comunità, anzi. Studiarne la produzione culturale (e la sua evoluzione storica) aiuta a capire meglio la realtà contemporanea. Specie se si parla di cultura Pop, il principale vettore di queerness nella cultura moderna. Personalmente, i primi segnali dell’esistenza di una qualche forma di non eterosessualità mi sono arrivati proprio dalla musica. Di impulso citerei Bowie e Lou Reed ma in realtà tutti gli anni ’60 (quelli della mia infanzia) erano già segnati da una convergenza anche visuale dei generi: capelli lunghi, vestiario unisex, jeans, nuovi modelli maschili e femminili. Quindi quando ho visto la copertina di Ziggy Stardust mi ha colpito ma non affondato, anzi. L’armamentario queer BDSM di Reed mi turbò di più, preparandomi però all’esplosione di quella tendenza negli anni ’80: avevo già visto, e forse anche già capito.
Jon Savage, critico musicale e autore britannico di estrazione Punk, da molti anni scrive articoli e saggi preziosi sulla musica e non solo. Ce ne sono due in particolare che mi sembrano davvero utili, e che hanno una curiosa caratteristica in comune: sono libri storici, quindi cronologici, che si fermano subito prima dell’esplosione del fenomeno di cui trattano. Esemplare è Teenage: The Creation of Youth Culture (1875-1945), uscito nel 2007 e pubblicato in italiano da Feltrinelli col titolo L’invenzione dei giovani. Un libro illuminante sulle radici culturali di una fascia importantissima della società del ‘900 – soprattutto dopo la seconda guerra mondiale, appunto dove si ferma il libro: il resto è noto (e ben studiato). Funziona allo stesso modo il suo ultimo saggio uscito nel 2024, The Secret Public: How LGBTQ Performers Shaped Popular Culture (1955-1979), che inizia col Rock’n’roll e astutamente termina subito prima dell’esplosione del movimento (la crisi dell’AIDS, i coming out, ecc) negli anni ’80.
È una storia della musica Pop incorniciata in quella delle persone queer, una vicenda complicata con risvolti artistici, legali, umani, psicologici, professionali e affettivi. In copertina c’è quello che ho sempre considerato il vero eroe di questa comunità, Little Richard, un personaggio essenziale in un mondo assai macho, quello del R’n’r: uomo sincero (ai limiti dell’autolesionismo), adorabile, eccessivo e fondamentale per due ragioni, oltre alla musica. Innanzitutto per il pubblico (anche televisivo, teenage e non) è stato il primo gay esplicito che abbiano mai visto e sentito, il primo maschio in full make up e vestiario stravagante con nessuna remora a mostrarsi com’era. Ma la sua presenza è stata cruciale per molte persone non etero che si sono finalmente viste rappresentate. Ecco la duplice chiave per capire questo libro: da un lato l’impatto sulla società tutta e dall’altro la conquista della rappresentatività (e quindi di modelli di ruolo) per le persone LGBTQ+. Un tema attualissimo: la frequente presenza di contesti e personaggi omosessuali nella fiction odierna (film e serie tv) ha la stessa doppia valenza.
Da Little Richard a Dusty Springfield, James Dean, il sublime Liberace, Brian Epstein (manager dei Beatles), Warhol e i Velvet Underground, Janis Joplin, Bowie e Reed, i New York Dolls, la cronologia di Savage arriva allo Studio 54 e al genere queer per eccellenza, la Disco. Passando per la legalizzazione dell’omosessualità in Inghilterra (1967), la nascita della parola gay (anni ’60), le prime riviste di orientamento omo, l’estetica Camp, gli scontri di Stonewall (’69) e la nascita dell’orgoglio omosessuale, Harvey Milk (primo politico americano dichiaratamente gay, ucciso nel ’78) e la scena di San Francisco. Un libro illuminante, ben documentato (la sezione “Fonti” è una miniera), con un’angolazione perfetta, pieno di informazioni utilissime per capire il presente oltre che conoscere il passato (un passato spesso nascosto, clandestino, talvolta infelice). La morale del libro è ben nota: se la cultura Pop è come è, il contributo delle persone LGBTQ+ è stato determinante fin dall’inizio. Savage spiega bene com’è successo, chi sono i protagonisti di questa storia parallela e soprattutto perché è importante che questa vicenda venga raccontata proprio attraverso questa lente. Importante per chi appartiene alla comunità (che scoprirà nuovi eroi), e allo stesso modo per chiunque voglia capire la funzione fondamentale della cultura Pop (e della musica) nella nostra società.