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Il tuo Dio mi odia

Posted on September 25, 2006September 25, 2006 by SM

Mille grazie al presidente Napolitano: grazie a lui si riapre anche in Italia il dibattito sull’Eutanasia. Immediate le reazioni dei cattolici: Franco Marini ha subito dichiarato che il termine Eutanasia non è nel suo vocabolario (forse dovrebbe procurarsene uno non censurato dal Vaticano). Il Tg1, che da sempre tenta di educare la popolazione invece di informarla, oggi ha presentato la storia di un malato grave che vuole vivere. Senza accorgersi che questo dimostra proprio che la questione dell’Eutanasia è seria, e che dei malati terminali, malgrado la difficile condizione psicologica, possono avere opinioni molto diverse. Sarebbe bello infatti se, per una volta, i media cattolici dimostrassero un po’ di onestà intellettuale: non si propone una legge per terminare d’ufficio tutti i disabili, ma per consentire, solo a chi lo desideri, di scegliere come andarsene, con dignità. Opporsi alla libera scelta sull’Eutanasia vuol dire affermare: “Il mio Dio esiste, non crederci non è ammesso. La tua vita pertanto appartiene a lui: tu stai zitto e prega.” Un Dio folle e barbaro, il loro, che vede la sofferenza come porta del Paradiso: un medioevo della mente (non dissimile da altri medioevi religiosi contemporanei) nel quale noi italiani siamo costretti a esistere – nel 2006.

Nel frattempo procede faticosamente il dibattito sul Testamento Biologico, che però temo finirà come quelli sui Pacs e sulle droghe: tante chiacchiere, il veto di Rutelli, next question please.

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3 thoughts on “Il tuo Dio mi odia”

  1. Kilgore Trout says:
    September 25, 2006 at 4:10 pm

    A tale proposito mi sembra interessante la soluzione “sarda”:
    http://www.adnkronos.com/3Level.php?cat=Cronaca&loid=1.0.550790012

    Dice SM: questa è una notizia fantastica, grazie KT. E’ la dimostrazione che la saggezza popolare non conosce limiti, e che la gente ha costantemente mantenuto un grado di autonomia sostanziale nei confronti di certe norme assurde. Sodomiti medievali, Divorziati del dopoguerra, Eutanasisti sardi (la “femina agabbadori” dell’articolo, che dovete leggere): bravi, grazie, vi dobbiamo molto. Alla faccia del Tg1, di Rutelli e compagnia.

  2. armando says:
    September 26, 2006 at 9:58 am

    Sergio, sempre grandeil tuo blog!
    T’invio un aforisma di Ambrose Bierce (1842 – 1914), scrittore americano che meriterebbe un rilancio.
    Diceva: “Non nominare il nome di Dio invano. Scegli il momento più opportuno per l’effetto”.
    Un caro saluto.

  3. Many says:
    September 26, 2006 at 11:13 am

    A prescindere dal fatto che io creda fermamente che l’Eutanasia (come il suicidio, d’altra parte) sia un diritto inalienabile dell’essere umano (per il principio secondo il quale ognuno è sovrano del proprio corpo, come già qualcuno sosteneva nel ‘600 – credo fosse Locke, ma sto andando a naso e non vorrei dire strafalcioni), lo diventa maggiormente dal momento in cui è la società stessa che lo avvelena. Stento a credere che la gran parte di quelli della mia generazione (sono un quasi-trentenne) possa arrivare ad una morte naturale dignitosa, data la mole di sostanze che respiriamo, mangiamo o assumiamo (in)volontariamente.

    Credo, però, che dovremmo anche imparare a portare avanti una lotta per questi diritti inalienabili che ignori totalmente i dettami, le proposte, le arringhe, le idee o le minime “tirate” che vengono dalla fazione cattolica. Prendere in considerazione, o anche semplicemente parlare in un dibattito pubblio o privato di ciò che pensa la Chiesa riguardo a questi diritti, le conferisce immediatamente un potere temporale.

    Non che sia un metodo semplice da applicare, visto il bombardamento mediatico che ci colpisce ad ogni starnuto del Papa o tirata di naso di Ruini. Senza parlare dell’ipocrisia populista di tutti quei democristiani che stanno al governo e all’opposizione. Ma anche replicare con argomentazioni incontrovertibili come quelli che scrivi tu – ti do del tu, dai – nel post soprastante, ci costringe a “pensare all’elefante”, come direbbe George Lakoff.

    M.

Comments are closed.

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