Il 4 giugno è improvvisamente scomparso Gerardo Panno. Io l’ho scoperto attraverso una comune amica, che ne ha scritto anche sul sito di Rolling Stone.
Ho conosciuto Gerardo all’inizio degli anni ’80, lavoravamo insieme a Radio Città Futura a Roma. Per l’esattezza il mio programma (di settaria musica funk, afro, hip hop, ecc.) veniva dopo il suo (assai più onnicomprensivo e “professionale”). Io e Gerardo eravamo un po’ agli antipodi: lui sempre lavato e stirato, curiosamente poco giovane, apparentemente mansueto (ma solo apparentemente), con un tono radiofonico elegantemente professionale (e una sensibilità musicale che poi avrebbero fatto la sua fortuna). Tutto questo naturalmente scatenava la belva che c’è in me, e il passaggio tra il suo programma e il mio era diventato una sorta di showdown di ferocia sarcastica (mia) alla quale lui teneva botta – ritrovandosi però fuori dal suo personaggio radiofonico rassicurante e pacato. Uno spasso, piuttosto crudele ma tant’è. Detto questo bisogna anche aggiungere che la primissima versione della Lista dei Drogati del Lazio (uno degli apici della mia carriera musicale), 1985, era stata letta da lui (e da qualche parte ce l’ho ancora): insomma, affetto ruvido e curiosità reciproca – malgrado la grande differenza di attitudine e stile.
Poi le nostre strade si sono divise (e io ho lasciato Roma) ma ci siamo in qualche modo seguiti a distanza. Lui ha perseguito i tre grandi amori della sua vita: la musica, la radio e la Rai, diventando il responsabile dei concerti pop per Radio 2. In rete si trovano molti attestati di stima e messaggi di cordoglio per la sua scomparsa da parte di un bel pezzo della scena musicale italiana. Giustamente: Gerardo ci sapeva fare, si sapeva far stimare e volere bene, e amava la musica: non ce n’è tanti così in circolazione.