Sto imparando a suonare il basso – o meglio sto sistematizzando tutte quelle cosette che sapevo sul basso (tra cui anche una cosa piuttosto importante come creare dei giri di basso campionato credibili – e cioè “pensare” linee di basso), anche grazie al mio ottimo Fender Precision American Special (il più economico dei bassi Fender made in USA) che mi vuole un gran bene. Il metodo che sto usando per affinare la mia tecnica, e per imparare a essere giusto sul tempo (che nel caso di musiche moderne non è mai esattamente sul ritmo: a volte tira avanti, altre tira indietro) è lo stesso che ho usato per la chitarra all’epoca, e che mi sento di raccomandare senza riserve a tutti, principianti e esperti (che però questa cosa certamente già la fanno): suonare appresso ai dischi. Ovviamente ognuno ha il proprio livello tecnico e gusto musicale, e se da un lato magari all’inizio è meglio evitare parti troppo ardue, esistono migliaia di software per imparare che rallentano la musica anche senza cambiare il pitch. A me però non servono: mi piacciono le linee di basso semplici, ma che devono essere suonate esattissime per funzionare. Ecco due esempi diversi di brani che uso come manuali di “suonare il basso in maniera esatta”:
Nel primo il basso tira indietro, cioè è leggermente seduto, in ritardo (anche se non esattamente in the pocket, espressione in uso tra i musicisti americani che indica un modo di suonare molto indietro, come per esempio il basso nel reggae, o in certo funk lento). La parte è semplice, un blues in minore, ma va eseguita in maniera precisissima – altrimenti non funziona. E mentre andate di basso, potete anche ascoltare l’ottimo Billy Gibbons suonare la chitarra come l’Arcangelo Gabriele. I buongustai lo sanno: sotto quelle barbone, c’è della sostanza (il video con l’audio migliore ha questa brutta foto sessista: sorry).
Il secondo invece è tutto diverso: è Rumba, di una delle mie divinità minori, Tito Puente. Questo è un po’ il suo brano portabandiera. Il giro di basso è semplicissimo: Re, La, Re più alto, La, Re: tre note. In alcune versioni le note di La sono due, ma quest’è. Il problema qui è un altro: inserirsi dentro una delle macchine ritmiche più inesorabili che siano mai esistite, Puente e i suoi assassini del ritmo. Considerando anche che, mentre il basso tira in avanti (contrariamente a quanto succedeva più sopra), tutto il resto della band tira indietro – e il bello sta proprio lì. In questa versione si sente poco, ma basta andare su Youtube e scrivere Ran Kan Kan per trovarne a dozzine. Mentre suonate il basso, cercate di non perdere il lume della ragione asoltando Tito che fa cose strepitose. Fateci caso: quando attacca lui, la band mette la quinta.

