Trigger me crazy

razzifbUna delle parole utili per capire questi tempi purtroppo è inglese: Trigger (cioè grilletto), e in particolare il verbo to trigger. Si può tradurre in diversi modi, tutti giusti: innescare (nel caso di un’esplosione o una discussione), attivare (nel caso di un sensore, di una reazione chimica ma anche di un movimento culturale), causare – una valanga o un cambiamento. Nel linguaggio corrente a questi significati se ne aggiunge un altro: esistono persone che ne “triggerano” altre (perdonate l’anglismo, orrendo ma necessario), polarizzano le fazioni, innescano polemiche e causano fracasso (social) mediatico. C’è chi nasce polarizzante, chi ci diventa suo malgrado e chi ci gode a morte. Tutti però hanno capito una cosa: triggerare la gente, nel 2021 funziona benissimo.

Il motivo principale per cui funziona è l’architettura dei Social media che, favorendo la polarizzazione, è lo strumento perfetto. Non solo la favorisce, ma quella di Facebook addirittura la premia. Quando avevo una pagina “artista” mi è capitato di fare un post strafottente su un rapper/televenditore, usandone il nome come hashtag. Nei commenti si è rapidamente assembrata una piccola folla di fan che mi dava del boomer, faccine indignate, gif di disgusto, ecc. Facebook era entusiasta: “Il tuo post è molto popolare!” È evidente che alla piattaforma non interessa il genere di reazioni: più sono, meglio è. Idem per i “seguaci” (che fa ridere quanto l’inglese Follower); se seguo qualcuno per deriderlo, o invece lo faccio per ammore, a Twitter non interessa: sono tutti seguaci. Così come non interessa a chi sta sui Social per vendere qualcosa: un prodotto, un servizio, un’idea o se stesso. Anche in questi casi è quel dato a essere rilevante: quanti contatti, quante interazioni. Gli odiatori sono benvenuti in un posto dove ognuno vale uno.

Quindi triggerare le persone è un sistema eccellente per aumentare il traffico, esprimendo opinioni radicali, estreme, magari assurde e insostenibili. Anzi, meglio se strampalate, perché sono proprio queste ultime a scatenare il dibattito più redditizio. Un ottimo esempio è quello del senatore X, il quale ha recentemente dichiarato (a se stesso, non gliel’aveva chiesto nessuno) che le donne sarebbero meno adatte alle discipline tecniche e più vocate all'”accudimento”. Un’idea stolta e umiliante per il concetto stesso di idea, nonché immediatamente confutabile. Infatti apriti cielo: Cristoforetti, Levi Montalcini, Marie Curie, i Social si sono riempiti di esempi lampanti di una cosa ovvia, cioè che quella frase non ha senso. Però nel frattempo l’hashtag #senatoreX (seguito dal vostro aggettivo preferito) è diventato frequente, e i suoi follower (molti dei quali odiatori, forse la maggioranza) sono raddoppiati: dunque triggerare funziona.

Che si può fare? Difficile a dirsi, perché se qualcuno scrive “È naturale che i maschi siano più appassionati a discipline tecniche, tipo ingegneria mineraria per esempio, mentre le femmine abbiano una maggiore propensione per materie legate all’accudimento”, a molti (e molte) sembra necessario spiegargli di quale materia è composto il suo cervello, evocare la professione del suo genitore 1, e fare considerazioni severe sulla natura dei suoi defunti: mi riesce difficile biasimare. Però così si fa il suo gioco, che non consiste nell’esprimere delle idee sensate ma nel ramazzare visibilità polarizzando la gente. Costringendo così le migliori menti della mia generazione a confutare le sue provocazioni, affermare cose risapute, evidenti e assodate, sgolarsi sull’ovvio. Bisognerebbe imparare a non cascarci, a non farci triggerare da gente moralmente riprovevole, che lo fa per aumentare il proprio traffico Social e giustificare così la propria esistenza. Invece, sentendo il nome del senatore X, forse dovremmo fermarci un istante, fare un bel respiro e chiederci: “X chi?”

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