Elogio dell’autogol

Domani ci saranno le elezioni, e davvero non si sa come andranno. Comunque vadano, temo, sarà un guaio. Qualche giorno fa però (inizio Aprile) c’è stata una interessante polemica a proposito del fatto che Berlusconi ha definito “coglione” chi va contro i propri interessi (di benestante) votando il centro-sinistra. Aldilà della gaffe, voluta e secondo me perfino elettoralmente efficace, sembrerebbe un punto di vista condivisibile: chi è così coglione da andare contro i propri interessi? Ecco, vorrei alzare la mano e presentarmi. E non per vantarmi, anzi. Il dubbio di essere un vero coglione ce l’ho avuto diverse volte, e ancora proprio sicurissimo non sono. Fattostà che ci sono alcune forme di coglionaggine attiva (cioè di rinuncia volontaria alla furbizia) che pratico con immenso ardore, quasi mio malgrado. Non so bene perché lo faccia, forse per vedere che effetto fa, agli altri e a me.

Sono felice di vivere in un paese dove, se uno casca per terra svenuto, prima lo ricoverano e lo curano (a mie spese) e poi si domandano chi è, da dove viene e se ha i soldi per pagare. Perfino se ci fossero degli abusi, e ce ne sono, non vorrei che questo sistema sanitario cambiasse; invece lentamente sta cambiando. Forse sarebbe più furbo abolirlo, e far pagare solo chi si ammala. Ma a me piace che sia proprio per tutti, benché lo finanzi da vent’anni e ne abbia usufruito forse altrettante volte. Un po’ da coglioni, no?

Pago il canone Rai, una cosa per la quale molta gente mi considera un coglione. Lo pago da sempre, ma non per abitudine. E’ che mi piace l’idea di una Tv di servizio, dove vanno in onda gli impossibili film di Ghezzi o i corsi notturni. E pur non essendo protestante o ebreo sono felice di finanziare programmi come Protestantesimo e Sorgente di Vita. Perché mi pare bene che esistano anche se fanno poco pubblico. Siccome una Tv commerciale sarebbe cogliona a programmare Protestantesimo, è essenziale che esista una Tv pubblica che lo faccia. Una Tv cogliona per statuto, e pagata con gioia da quel coglione del sottoscritto. Certo che poi m’incazzo a vedere la Rai ridotta com’è. Ma d’altronde sono un coglione, no?

Nei miei rapporti occasionali con persone fisiche, come commercianti, padroni di casa, artigiani, ecc. cerco di comportarmi con trasparenza e linearità: se chiamo un taxi poi non ne prendo un altro al volo, pago tutto quello che devo pagare in tempo, se in un negozio mi danno più resto glielo restituisco, cerco di essere puntuale, coerente, in una parola reciproco: cerco di trattare le persone (con le aziende è ben diverso) come mi piacerebbe essere trattato. Per bontà? Macché; per una ragione molto più semplice: sono un coglione. Se fossi meno coglione, forse sarei un po’ più realista e smetterei di aspettarmi che questa reciprocità abbia luogo, che il tassista scelga la strada più breve, che l’idraulico faccia il suo lavoro presto e bene, e che il fornaio – almeno una cazzo di volta – mi rilasci il fottuto scontrino fiscale. Invece sono tutti furbi, svegli e ben lieti di trattare finalmente col loro cliente ideale: un coglione.

Dice: “Ma allora sei proprio un coglione. Ma non lo vedi come gira il mondo? Fai i tuoi interessi, coglione.” Mi sono chiesto spesso (durante la fila in posta per pagare il canone Rai) come mai io viva questa condizione; la verità è che fin da piccolo mi hanno insegnato (fino a convincermi) che esiste una scala di priorità, e che il mio interesse non si trova al vertice di questa scala. Mi hanno spiegato che in cima c’erano quei concetti importanti e un po’ pomposi come la giustizia, l’uguaglianza, la libertà, il bene della collettività e forse poi anche il proprio tornaconto personale. Ovviamente poi nel corso della vita ho capito alcune cose (come che ho una scarsa idea della Patria, e non me ne dolgo), ma questo imprinting m’è rimasto. Merito di tutti i coglioni da cui ho imparato: i miei genitori, mio nonno, gli insegnanti, gli amici, i miei scrittori e musicisti preferiti: perlopiù dei gran coglioni, come me.

3 thoughts on “Elogio dell’autogol

  1. sarà mica la famosa superiorità morale della sinistra?

    Dice SM: Da come è partito il governo di Sinistra-Centro, direi che la SMS (Superiorità morale della Sinistra) è un bel ricordo. Anzi, mentre lo scrivevo mi sentivo molto perbenista, forse troppo. Penso si tratti di un tipico caso di superiorità morale, ma non della sinistra. Di una categoria antica, molto fuori moda, certamente fumosa e poco chiara e proprio per questo attraente, almeno per me: noi.

  2. Vedi un po’ che alla fine in questa imposta scelta di campo tra italiano furbetto e italiano coglione la palma e’ andata (se pur di poco – adesso riconto) ai secondi che ho detto.
    Ello non ha fatto altro che risvegliare quello che tu qui dichiari: il coglione pride.
    Io non pago per ora il canone finche’ non mi rimetton su Biagi e Santoro (non dico la Guzzanti e Luttazzi: gli vengo incontro finche’ mi tengono Ghezzi e la Dandini), ma rendo il resto sbagliato per quel senso della giustizia interiore con cui non puoi condonare. Stavolta dico io: sono d’accordo.

  3. giusto qualche tempo fa parlavo con mio padre del disorientamento che io e i miei coetanei (fra i 30 e i 40) proviamo in questi anni.
    i nostri genitori, come la maggior parte dei professori che ho conosciuto, si sono formati a cavallo fra i sessanta e i settanta, anni piuttosto “spessi”.
    quindi a casa, a scuola, all’oratorio, agli scout, ovunque, ci hanno sempre insegnato l’educazione civica basata su valori ben precisi: senso del dovere, non violenza, rispetto e coscienza del fatto che non siamo i soli su questo pianeta.
    il problema e’ che quando ci siamo trovati a dover mettere in pratica questi principi, una volta entrati nell’eta’ adulta, lo scontro con la “realpolitik italica” e’ stato ed e’ piuttosto duro, grazie anche agli ultimi 10-15 anni, durante i quali il panorama e’ davvero cambiato.
    insomma sembra che questa volta la distanza tra l’insegnamento e la pratica sia davvero grande.
    il nostro paese è diventato ricco ed arrogante, milioni di persone lo stanno portando verso una mutazione genetica, giorno per giorno, dove individui di tutte le età – donne e uomini – sono attaccati alla loro avidità e esibirla non è più una vergogna, anzi è un valore:
    avere sempre di più, emergere sugli altri, saltare le code agli sportelli.
    belli, ricchi, magri, si mettono in vista, però manca loro qualcosa che i soldi non potranno mai comprare: la cultura.
    le loro coscienze sono anestetizzate, e vivendo in mezzo a loro, mentre li guardo mi accorgo che i loro sogni sono i miei incubi.
    ma questo mi spinge a cercare di mantenere una linea il piu’ possibile coerente ai principi che mi sono stati insegnati:
    so che non e’ facile e che trovero’ molta incomprensione, ma in fondo l’unica approvazione che conta e’ quella della mia coscienza.
    e poi so di aver ragione,
    in fondo questo mondo e’ estremamene vulnerabile (penso all’undici settembre) mentre la cultura, passa attraverso i secoli, rinnovandosi e arrichendosi.

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