Bugiardologia

A nessuno piace sentirsi raccontare cazzate. Ci piace talmente poco che c’è una morale costruita intorno all’idea che mentire sia male, e esistono dei reati specifici connessi alla veridicità delle nostre affermazioni. Non solo, ma un bugiardo conclamato avrà una vita sociale, lavorativa e relazionale meno semplice degli altri: la gente penserà sempre che racconta delle frottole. Questa regola si applica senza deroghe in tutti i settori del nostro essere umani tranne uno: l’arte.

Nelle arti la fandonia si chiama, giustamente, creatività: “Quando diventai capitano della città, decisi di estendere l’asilo a certi cittadini sgraditi altrove per via delle loro disgustose e inquietanti deformità. Una era nota come Spare Ass Annie (Anna dal culo di scorta). Aveva un buco del culo ausiliario al centro della fronte, come un deleterio occhio di bronzo.” Nessuno naturalmente si è mai messo a questionare William Burroughs sul fatto che Spare Ass Annie non sia anatomicamente possibile. Si accetta che sia frutto della sua immaginazione, sulla base di un accordo non scritto che dice: “Quello che scrivi non è vero, ma il suo valore risiede anche nel suo discostarsi dalla realtà.” Se Annie avesse avuto l’acne la sua storia non avrebbe avuto alcun interesse. Esattamente come il Visconte di Calvino: è anche l’impossibilità del suo essere dimezzato che ci spinge a leggerlo, mentre Il Visconte Diabetico non avrebbe funzionato altrettanto bene. Quindi nella narrazione (letteraria, teatrale o cinematografica) l’invenzione non ci preoccupa, anzi ci piace e la pretendiamo. A pensarci bene però, anche nella musica la situazione è simile: “All’ombra dell’ultimo sole s’era assopito un pescatore, e aveva un solco lungo il viso come una specie di sorriso.” Sappiamo il nome di questo pescatore? Qualcuno l’ha cercato per chiedergli se abitualmente si assopisce all’ombra dell’ultimo sole (che è pure una pennichella insolita, di tardo pomeriggio)? Ovviamente no: sappiamo tutti che il pescatore di De André è immaginario. E vale la regola del Visconte: se il pescatore si fosse assopito guardando Marzullo non ci sarebbe stata storia.

Ma dove finisce questo accordo? Quand’è che un’invenzione poetica sconfina nella baggianata? La questione è complicata e sottile. Un eccellente esempio è uno dei grandissimi del XX° secolo, l’artista tedesco Joseph Beuys. Nel ’44 l’aereo di Beuys, mitragliere della Luftwaffe, fu abbattuto nei cieli della Crimea: “Se non fosse stato per una tribù di nomadi tartari oggi non sarei vivo. Mi hanno ritrovato dopo molti giorni, e mi hanno guarito coprendomi di grasso e feltro per scaldarmi.” Pare che questo episodio non sia esattamente autentico. Però costituisce un potente mito originario per il (sublime, essenziale) lavoro successivo di Beuys, dove grasso e feltro sono materiali fondamentali. L’altro eccellente esempio è Bob Dylan. All’inizio della sua carriera ritenne che la sua biografia non riflettesse bene la sua personalità, e così ne produsse una migliore: nato in Oklahoma, un’adolescenza da vagabondo al seguito di un circo, ecc. E naturalmente cambiò nome da Zimmerman a Dylan. Su questo punto ha dichiarato nel 2004: “Sai com’è, nasci e hai il nome sbagliato, i genitori sbagliati… Succede. Il nome te lo scegli come ti pare: questa è la terra della libertà.”

La domanda è: a cosa serve l’invenzione di Dylan? A imbrogliare il pubblico? O invece è parte del suo processo creativo, esattamente come le sue canzoni? Cosa m’importa di sapere se i tartari di Beuys sono realmente esistiti? E se fossero un’invenzione, che differenza ci sarebbe tra questa e quelle di Calvino? E se ambedue fossero accessorie al dispiegarsi della creatività? Insomma, ci sono frottole e frottole, e l’unica distinzione utile mi pare questa: a che servono? Se lo scopo è di potenziare un’esperienza (come mi pare sia per Dylan, Beuys, Gurdjieff, Snoop Dogg e mille altri) allora vale tutto. Se invece servono a farmi credere che Ruby sia la nipote di Mubarak, beh allora…

Nella foto: Joseph Beuys, “Slitta” (1969, Slitta, feltro, cinte, torcia, grasso e corda – clicca per ingrandire)

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