Viva Dolphy!

Una delle teorie più affascinanti degli ultimi anni è quella detta Long Tail, e cioè Coda Lunga. L’ha formulata (in maniera compiuta, ma certamente non per primo) Chris Anderson, e riguarda uno degli effetti più macroscopici della rivoluzione digitale sui nostri consumi. In soldoni il concetto è questo: con la rete, l’e-commerce e la conseguente disponibilità di molti prodotti (il termine tecnico è “la lunghezza dello scaffale”: quello di Amazon è praticamente infinito) i nostri consumi sono molto meno legati al momento, cioè a quello che è disponibile adesso, e molti prodotti, ad esempio artistici, hanno una vita magari piccola ma lunghissima. Inclusa in quest’idea ce n’è un’altra non meno notevole: le nicchie non esistono più come le conoscevamo nel ventesimo secolo, e oggi qualsiasi cosa è reperibile praticamente sempre – da ovunque. Uno dei mercati floridi sul web è quello dei libri fuori catalogo venduti (a volte per due soldi) su Ebay, e le case editrici stanno correndo ai ripari ristampando, pubblicando in versione elettronica, ecc.

Per la musica questa è una notizia meravigliosa (quasi quanto quella della recente iniziativa di Neil Young e altri per migliorare la qualità dei file musicali venduti in rete), e specialmente per gente come noi: chi legge questa rivista suppongo che consideri, anche positivamente, i suoi consumi di minoranza. Qualsiasi minoranza questa sia, non sfuggirà a una regola inesorabile: meno siamo più ci troviamo, ci scambiamo informazioni, dritte, oscure alternate take, demo di dubbia provenienza, ecc. Nel 2012 un fan di Madonna si diverte molto meno di uno di Fela Kuti, che può passare intere settimane a ascoltare novità, anche per via della discografia sterminata.

Ecco un altro effetto spettacolare. Novità? Da quando una b-side di un EP del ’75 distribuito esclusivamente in Nigeria (e apparentemente registrato nel sottoscala di un lavaggio auto) è una novità? Più o meno dagli anni ’80, e cioè dall’invenzione del CD e la sistematizzazione delle ristampe. Ma è con internet, e la disponibilità infinita, che questo fenomeno esplode. E’ ovvio che il negozio di dischi non vende quell’EP. Invece uno shop in rete non solo può fornirti (magari legalmente) i file, ma magari farti arrivare il prezioso vinile originale. Questa orizzontalità dei consumi, dove un album (un libro o un film) del ’75 e uno di ieri sono uguali, sta creando degli effetti notevoli. Due esempi che pesco tra i miei studenti (universitari): quello che, qualche tempo fa, scopre per caso i Tangerine Dream (paladini, nei ’70, di una musica cosmica e infinita fatta di synth e psichedelia) e se ne appassiona. Non solo si procaccia l’intera discografia, inclusi diversi album in vinile, ma allarga la sua ricerca scoprendo I Popul Vuh, I Can e altri. E i suoi compagni non lo guardano affatto come un marziano; è semplicemente un altro genere di nerd, con una propria fissazione. O quella che anni fa mi chiedeva di John Coltrane, mentre ammassava furiosamente suoi brani in mp3. L’ho rivista tempo dopo e mi ha detto che non solo lo ascolta ancora, ma si è letta diversi libri e ovviamente ha fatto altre scoperte, tra cui Eric Dolphy.

Ecco: l’idea che Out To Lunch! (1964) non solo si venda ancora, ma esista nella mente, nei gusti, nei player portatili delle persone mi pare una notizia meravigliosa. Innanzitutto per Eric Dolphy, ma subito dopo anche per tutti quanti noi, per la musica, per il futuro. Un futuro dove Freddie Hubbard e Henrik Schwarz coabitano senza frizioni nelle orecchie della gente, e che a me francamente pare luminoso.

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