Tra Vendetta e Giustizia

Uno dei maggiori indicatori del progresso dell’umanità, dalle origini fino a oggi, è l’evoluzione del concetto di Giustizia. Che all’inizio era completamente sovrapponibile a quello di Vendetta: tu mi ammazzi una pecora, io ti ammazzo una pecora, tu mi violenti la sorella, io ti violento la sorella, tu mi uccidi, mio fratello ti uccide – insomma, occhio per occhio, dente per dente (terribile, nel caso di sorelle, mogli, madri e familiari in genere). Quando nasce l’idea di una Giustizia indipendente e pubblica, all’inizio si basa sullo stesso concetto, ma con una importante distinzione: se ti rubo in casa, la pena sarà commisurata al mio reato – e molto probabilmente a te non sembrerà adeguata. Una sentenza che aspira a essere “giusta”, da cui deriva la parola Giustizia, e imparziale: in molte raffigurazioni, la Giustizia è bendata. Le pene comminate all’inizio erano quasi esclusivamente corporali, talvolta elaboratissime e efferate (come per esempio la gogna, o lo smembramento), e solo in un secondo momento si concentrano sull’idea di privazione della libertà e separazione dalla società, rendendo così necessaria la creazione delle carceri moderne (sul tema c’è un libro importante di Michel Foucault, Sorvegliare e Punire: Nascita della prigione). La perdita della libertà è la pena per tutti: varia la durata della permanenza in galera e, a volte, la durezza del regime carcerario.

Nella gran parte del mondo oggi prevale questo concetto di Giustizia, mentre la Vendetta è sempre punita dalla legge: se mi ammazzi una pecora io ti denuncio, ti arrestano, ti processano e un giudice ti condanna – anche al risarcimento dei miei danni. Mentre nel caso avessi deciso di vendicarmi sarei stato processato anche io (forse con delle attenuanti), e ci avrei rimesso una pecora. Nel mondo però ci sono degli orientamenti diversi, che mi sembrano davvero importanti e significativi nel 2019. Come sapete, in alcuni stati degli USA c’è la pena di morte, alla quale sono invitati ad assistere innanzitutto i parenti delle vittime. I quali spesso ci vanno, si mettono in prima fila e, uscendo, si dichiarano soddisfatti e appagati – verrebbe da dire vendicati. Qui naturalmente l’esecuzione capitale, comminata secondo un’idea di Giustizia (per molti sbagliata, ma comunque Giustizia), si incrocia con un evidente, e magari comprensibile, senso di Vendetta. Sempre negli USA, quando un condannato chiede la libertà per buona condotta, nel caso di omicidio viene messo agli atti anche il parere dei parenti della vittima, che può influenzare la decisione del tribunale. In Iran le esecuzioni capitali pubbliche possono addirittura essere eseguite, ma anche sospese, direttamente dai parenti delle vittime del condannato, il cui destino è letteralmente nelle loro mani.

In Europa il principio è profondamente diverso. L’imputato viene processato da un tribunale tendenzialmente “neutro”, con o senza giuria popolare, che si impegna ad applicare la lettera della legge, considerando attenuanti e aggravanti, ma non gli aspetti emotivi del reato (se non in termini di danni). In questo procedimento i parenti delle vittime non hanno alcuna voce in capitolo, se non attraverso i media. Possono costituirsi parte civile, e ottenere un risarcimento, ma non influenzare l’andamento del processo. Il motivo mi pare ovvio: se hanno ucciso mia madre, io certamente non sono la persona più adatta ad amministrare la Giustizia, mentre sarei quella perfetta per la Vendetta, no?

Personalmente preferisco questa seconda filosofia, e sono contento che la pena per aver rubato delle mele non venga stabilita dal proprietario delle mele. Considerando anche quello che vedo in giro: trionfalismo giustizialista (al gusto di bieca Vendetta), crudeltà generalizzata, gente che vuole “buttare via la chiave”, che “questa gente deve marcire in galera”, in “isolamento a vita”, “il 41 bis a tutti”. Grazie al cielo, o meglio alla Civiltà Occidentale, qui non sono loro a decidere. Per adesso.

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