Photoshop: la piccola bottega dei tarocchi

E’ tra software più costosi ma anche tra i più diffusi. Per farci di tutto, dalle riviste ultrapatinate ai finti porno coi vip. Breve viaggio nel mondo di Photoshop: l’unico, il più amato, il più piratato.

Ci sono applicazioni che sono diventate dei veri strumenti nel senso antico del termine, congegnate in maniera così efficace da consentire agli utenti di evolversi anche dopo anni di uso fino a diventare dei veri e propri artisti. Il re di questi programmi è Photoshop, lo standard universale per il fotoritocco digitale. Nell’editoria contemporanea non esiste immagine che non passi per Photoshop, incluse tutte quelle di questa rivista, tant’è che è nato il verbo (infame ma descrittivo) photoshoppare. Ci si può fare quasi tutto: rimuovere i peli a Britney, rinfoltire la pelata di Silvio, intensificare le poppe dei calendari, drammatizzare i tramonti nelle pubblicità, far trombare la Ferilli con Furia. Chi usa Photoshop si evolve come un pittore, apprendendo nuove tecniche e imparando ad usare strumenti diversi, utilizzando procedimenti nuovi per ottenere risultati simili ma migliori; si evolve insomma, imparando una tecnica complessa, un’arte – nel senso antico. Spesso con Photoshop si comincia per gioco, e la grande maggioranza degli utenti lo usa così. Brian Eno ha confessato che uno dei suoi passatempo è di rimaneggiare foto scaricate dalla rete, e non è solo: tutte le vignette fotografiche, gli Osama con Bush, i falsi pompini di Paola Barale che trovate in rete sono fatti con Photoshop: non c’è scampo, essendo praticamente l’unico software del genere in circolazione – e certamente il migliore.

Photoshop nasce nell’87, creato su un Apple dai fratelli Knoll. Acquisito dalla Adobe nel ‘90 è subito un grande successo, non solo perché l’editoria sta già diventando digitale ma anche perché arriva all’alba di una nuova industria completamente elettronica: Internet. Nel ‘94 esce la versione 3, che consente di lavorare su livelli diversi rendendo possibili cose mai viste. L’ultimo capitolo rilevante di questa storia è del 1999 quando esce Photoshop 5.5 che ottimizza le immagini per la rete, ma in mezzo ci sono state moltre altre versioni: al momento siamo alla 8, che ovviamente Adobe reclamizza come rivoluzionaria.

Quanto costa? Photoshop 8 viene via a 1270,80 euro, cioè quanto un PC. Un prezzo certamente equo per gli addetti ai lavori, ma per gonfiare delle tette nel tempo libero è un po’ alto. E infatti una statistica personale ma piuttosto ampia mi dice che pochi utenti di Photoshop sono anche clienti della Adobe. Lo è (o dovrebbe esserlo) chi lo usa per lavoro, ma non andrei oltre: Photoshop è uno dei programmi più scambiati in rete, e anche uno dei più craccati. Adobe ha sempre inserito dei meccanismi di protezione, ma molto facilmente aggirabili da chiunque volesse davvero. Perché? Siamo nel campo delle ipotesi, eccovi la mia. Photoshop si impara solo utilizzandolo; non esistono corsi davvero efficaci che possano sostituire l’esperienza. Quasi tutti i professionisti di Photoshop hanno imparato così, studiando e sperimentando fino a diventare bravi, spesso con una copia pirata, per poi però andare a lavorare in uno studio che usava versioni lecite o magari diventando un free lance di successo che poteva permettersi la costosa licenza. Se fosse così saremmo in presenza di una geniale mossa di marketing (tollerare l’uso privato illegale per consentire a molte persone di imparare e quindi allargare l’utenza pagante) che incidentalmente fa anche bene a tutti, proprio come dovrebbe essere il digitale. Possibile?