Mondovisione 2016

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Padre Mariano, che educava il popolo da Rai 1, l’unico canale esistente durante la mia infanzia.

Considerando l’enorme successo delle serie televisive negli ultimi anni, è curioso ricordare quanto fossero distanti, all’inizio, il Cinema e la Televisione. E quanto invece oggi sembrino convergere, insieme a altri media come la Radio (e altri che dobbiamo ancora immaginare), in qualcosa di ulteriormente diverso, che oggi chiamiamo Internet ma domani chissà. E’ anche un ottimo esempio di come il passato influenzi il futuro.

Per primo viene il Cinema, che racconta delle storie di ogni genere: il Film ce lo scegliamo, paghiamo il biglietto, e se per qualche ragione è inadatto ai minori glielo si vieta. Esistevano Film ideologici e “edificanti” (come la terribile cinematografia cattolica italiana), pellicole impegnate, intrattenimento leggero, i porno, ecc. A ognuno il suo. La Tv (lanciata negli anni ’40 in America, e nel ’53 in Italia) invece è un giocattolo completamente diverso. Non a caso per decenni in molti paesi è stata gestita dello Stato, e in alcuni (inclusa l’Italia) è ancora regolamentata come se lo fosse. La differenza è che la Televisione arrivava ovunque, e quindi non era possibile mostrare tutto, come al Cinema. Di più: la Tv veniva considerata uno strumento di educazione del popolo, quindi aveva il dovere di essere educativa. Ancora oggi vige il divieto di bestemmia (di un solo Dio però: sugli altri si può dire qualsiasi idiozia).

All’inizio ci fu un dibattito sull’opportunità di trasmettere Film in Televisione: a molti produttori l’idea non piaceva, e naturalmente nemmeno ai controllori del comune senso del pudore. Questo atteggiamento è persistito per anni: ancora nei ’90 (e forse perfino oggi) in Italia si toglievano dai film le scene inadatte a tutti (cioè quelle di nudo: gli omicidi efferati invece andavano benissimo), senza dirlo (in altri paesi c’è un avviso). Da un lato c’era il problema di tutelare i minori (che pure fanno parte dell’audience), ma secondo me era prevalente l’idea che la Tv fosse come la strada (e la morale) – pubblica.

Con l’avvento della tecnologia digitale il mondo inizia a dividersi. Arriva il satellite, che all’inizio ha solo canali globali di notizie. Poi, piano piano, le piattaforme cambiano e la situazione si complica. In aree del mondo dove il cablaggio è problematico, il satellite resta l’unico sistema. Inoltre, data la sua natura trans-nazionale, rimane uno strumento insostituibile di informazione non governativa in zone problematiche – più Al Jazeera che CNN. Negli USA la Tv è diventata cable negli anni ’90, e questo cambiamento ha prodotto una rivoluzione: Il cavo trasportava centinaia di canali generici e gratuiti (come Italia Uno o Rai Storia da noi), e poi ci si poteva abbonare a canali specifici, le Pay Tv. Le quali, finalmente libere dai vincoli del grande pubblico, potevano produrre contenuti più rischiosi – come per esempio i Sopranos, o Breaking Bad. Ecco come nasce l’ottima Tv di oggi: dando al pubblico la possibilità di scegliere, pagando. Non solo: grazie alla tecnologia del cavo, per le aziende Tv non ci sono spese di trasmissione. Questo ha reso il mercato assai dinamico, consentendo l’ingresso a nuovi produttori come HBO o AMC, e a molti piccoli canali locali. Di più: scegliere il cavo si è rivelata un’idea molto lungimirante, quasi visionaria. Internet infatti viaggia benissimo sullo stesso cavo della Televisione, rendendo quasi palpabile l’inevitabile convergenza dei contenuti. In Italia purtroppo si sono fatte scelte diverse, volendo mantenere inalterato il panorama Tv (col digitale terrestre per trasmettere servono costose antenne e trasmettitori), e separando Rete e Televisione (o quasi, perché poi c’è Netflix). Vivendo in un paese cablato, la mia esperienza “televisiva” è più che altro legata al concetto di divano, dal quale guardo uno schermo, attaccato a un cavo su cui viaggiano Google, Netflix, BBC, YouTube, HBO, Al Jazeera, BitTorrent, Xhamster, Discovery, migliaia di canali Radio e Podcast, il mio Instagram e il tuo – tutti insieme, e (quasi) tutti uguali.

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