Lavoro

Di solito le dipendenze vengono biasimate dalla società; sia quelle da sostanze esterne, come alcol o nicotina, che quelle da comportamenti come la pornomania. Esiste però un soggetto compulsivo particolare che non solo è accettato, ma incoraggiato e portato come esempio. E’ il tossico da azione, il dipendente da lavoro (da non confondersi col lavoratore dipendente), in inglese workaholic; una categoria di cui Silvio Berlusconi si vanta di essere il primatista italiano.

Questa sindrome è fonte di gravi problemi familiari e di relazione, e può perfino portare alla morte. In Giappone, dove esiste un termine che descrive il decesso da troppo lavoro, Karoshi, si parla di circa mille vittime l’anno (in crescita la percentuale di donne). Scrive un manuale di self help: “La nostra società ci misura per quello che produciamo, non per chi siamo; lavorare molto viene percepito come un comportamento positivo, da incoraggiare e imitare.” Naturalmente la crisi economica, il costo della vita e la precarietà del lavoro rendono questa dipendenza legittima e apparentemente necessaria.

Come scoprire se si è workaholic? I test su internet sono decine, ma il senso è sempre quello. Alcuni quesiti: “Ho sempre fretta”, “Quando vengo interrotto, mi irrito”, “Per me è importante vedere i risultati di quello che faccio”, “Facendo una fila lenta, divento impaziente”, “Passo più tempo a lavorare che a socializzare, divertirmi o praticare un hobby”. Se avete risposto di sì siete soggetti a rischio.

Smettere, tutti dicono, è straordinariamente difficile. Per una ragione semplice ma terribile, dal punto di vista del workaholic: non si può smettere di lavorare, ma si deve imparare a farlo in maniera diversa – magari guadagnando meno. Questo spesso è assai difficile, e può causare problemi familiari forse peggiori del troppo lavoro. Ovviamente in America esiste un Workaholic Anonymous ma è in grave crisi, le partecipazioni sono in crollo e le sedi chiudono: che abbiano tutti troppo da fare?