Essere persone pubbliche e disponibili (per esempio avendo un indirizzo email che accompagna qualsiasi testo o contributo) naturalmente comporta una certa quantità di lavoro – che però mi piace molto: leggo, ascolto, guardo un sacco di cose che altrimenti non conoscerei, e ricevo pareri sinceri su quello che faccio, scrivo, penso. Molto sinceri anche perché non mediati, e a volte perfino anonimi. Ma è il bello della rete no?
L’altra facciata di questa veloce reperibilità è la costante richiesta di pareri “onesti” – merce rara nel XXI secolo. Perché è molto più facile dire bello, bravi, che dire che c’è qualcosa che non va, spiegando cosa e perché. Ci vuole più tempo, una scelta di parole adatta, insomma dare il senso di come qualcosa secondo me potrebbe crescere, potrebbe essere migliore. Nella stragrande maggioranza dei casi questo genere di critiche vengono considerate preziose, e sovente generano relazioni durature e costruttive. Poi ogni tanto spunta il rosicone (sublime espressione romana), quello che se non gli dici “bello, bravo” s’incazza, che in realtà ti ha cercato solo per sentirsi dire quello.
L’ultimo in ordine di tempo è un “autore” e “performer” italiano (che non nomino e non linko per gentilezza, anche verso di voi) di scarsa fantasia, logorrea infinita, narcisismo patologico e rilevanza prossima allo zero. Il suo stile è caratterizzato da tre elementi: una prosopopea davvero incommensurabile, idee banali e una grammatica da brivido (per dire: scrive “habbia”, nel senso di abbia). Mi chiede con insistenza ai limiti della maleducazione cosa penso del suo lavoro (o meglio: mi rimprovera perché non grido ai quattro venti che lui è il nuovo Carmelo Bene), e allora glielo dico. Cerco perfino di inserire degli elementi costruttivi (invece di segnalargli imprese di pulizia nella sua zona) ma non ce n’è: del mio messaggio non capisce nulla, però tutto d’un botto io non so un cazzo, sono un imbecille “stagionatello”, il mio parere è irrilevante, il mio lavoro opinabile.
Ma c’è un lieto fine: io non ho proprio nulla da dimostrare – il mio prodotto lo fa per me (la mia data di nascita è nota e non la considero un handicap). Invece questo fine pensatore (non esattamente un giovanotto) che si sbatte come un ciuccio, si autopromuove e si rivende manco fosse Rimbaud, ha 12 risultati su Google. Che non mente mai. Ma noi non ci scoraggeremo, no? La gente così spiacevole è rara, al mondo siamo molti di più noi persone perbene. Quindi continuerò a leggere, guardare, ascoltare con piacere quello che mi spedite e, quando richiesto, a fornire il mio parere spassionato – ma solo se me lo chiederete gentilmente.
dalla descrizione che fai dell’artista potrebbe essere veramente chiunque. si può dire che siamo messi malino?
Non tutti – per fortuna…