Frequento l’Italia e gli italiani da 52 anni, quindi credo di poter parlare con qualche cognizione di causa. In più ho un altro vantaggio: sono uno di loro. Quindi so di cosa parlo. Più conosco l’Italia e meglio mi spiego il successo del fascismo durante il ventennio. Quand’ero guaglione mi ricordo il senso di incredulità, anche parlandone con mia madre che l’aveva vissuto: “Com’è stato possibile? Come avete fatto a credere a uno con quella faccia, che parlava così e diceva quelle cose?” Oggi so rispondermi molto meglio: non solo è stato possibile allora ma, in una forma diversa, lo è stato di nuovo negli ultimi anni. Quindi oggi, quando qualcuno all’estero mi chiede com’è successo (allora o di recente), so dare una risposta – articolata e sferzante, ma anche contrita e consapevole: io sono uno di loro, di noi.
Ecco come mai trovo idiota l’articolo razzista dello Spiegel online su Schettino e il carattere italiano, e in fondo invece posso capire la risposta del Giornale, (maleducata, volgare e scorretta, nello stile della testata), che titola A noi Schettino, a voi Auschwitz. Conosco poco la Germania; non abbastanza da sapere se un mio omologo 52enne tedesco sa spiegarsi il nazismo, il consenso a Hitler, la shoah e il dott. Mengele. Se sì però, questo tedesco dovrebbe anche sapere che sia io che lui, dal ’45, abbiamo un vincolo di cautela in più. Se io parlo di un dittatore che ha il tipo di consenso che aveva Mussolini (raro oggigiorno, se non in Italia e nel terzo mondo), non posso prescindere da quello che so, che sono. Allo stesso modo, se un redattore dello Spiegel online (non esattamente un blog personale) considera un popolo (noi, i rom, gli africani o altri) come “una razza”, quando scrive dovrebbe esercitare cautela – e memoria (quella che si celebra proprio oggi): perché giusto dietro casa sua, solo pochi anni fa, cucivano stelle colorate addosso alla gente.
In realtà l’articolo dice cose diverse
http://www.giornalettismo.com/archives/193357/la-bufala-di-repubblica-sui-tedeschi-e-schettino/
Cito dall’articolo linkato qui sopra: “Il senso del pezzo (invece, ndr) è questo: ogni popolo ha proprie caratteristiche, e anche se è politically uncorrect evidenziarle, queste permangono e rendono difficile una convinvenza comune.” Se questo è il senso, allora confermo e raddoppio: ma che sciocchezza è? Ma quali caratteristiche? Di che popolo? Ma di che? Questo è ciarpame psicologico antico, che magari ha un riscontro in certe zone depresse ma certamente non ovunque. Conosco tedeschi assai più italiani di me, e italiani talmente svizzeri da profumare di emmenthal. Le caratteristiche te le scegli, la “razza” è una questione di stile: o forse qualcuno di voi pensa che io e Roberto Castelli abbiamo qualcosa in comune?
esemplare su tutti robberto maroni a proposito di reguzzoni:” come posso essere invidioso di uno di busto arsizio…” ché lui, hai capito, è di varese, district of columbia
@F: Minchia, davvero. Adesso basterebbe far fare degli adesivi con scritto “Sono l’auto di Roberto Maroni” da applicare abusivamente ai SUV di Busto Arsizio, per vedere di nascosto l’effetto che fa’.