(clicca per vedere il quadro intero)
Ieri, con grande ritardo, sono tornato a visitare la Pinacoteca di Brera che contiene alcuni capolavori assoluti, come il Cristo Morto di Mantegna, la Cena di Emmaus di Caravaggio e diversi altri, più un bel po’ di quattro-cinquecenteschi italiani per me molto attraenti. La prima cosa che salta agli occhi (a chi, come me, viaggia molto per musei) è la notevole autarchia della collezione, che ha un piccolo sgabuzzino di fiamminghi (con un El Greco spettacolare) e decine di sale dedicate a “pittori marchigiani del XV secolo” (alcuni dei quali strepitosi) e simili. Curioso, e con quel sapore da “semo i mejo” che caratterizza (ingiustificatamente) il rapporto di questo paese col resto del mondo, ma tant’è: nel cinquecento se non eravamo i migliori poco ci mancava.
La seconda cosa che si nota è l’allestimento attualmente in corso a Brera, intitolato Burri e Fontana a Brera. Provenienti da due collezioni, i capolavori dei due grandi maestri del novecento sono allestiti allo scopo di “proporre al pubblico un’inaspettata fruizione del museo, fatta di vivaci e ricchi confronti, avvicinamenti, opposizioni e contrasti.” Insomma sono sparpagliati in mezzo agli altri, Rosso (1952) di Burri visibile insieme alla Pietà di Lorenzo Lotto (1545) o la Cena di Caravaggio a fianco di Nero SC3, sempre di Burri. Il massimo si raggiunge con Gobbo Bianco di Burri che impalla mortalmente Fiumana di Pellizza da Volpedo (la versione psichedelica del suo celebre Quarto Stato) annichilendo l’effetto di avvicinamento e obbligandone la visione laterale. Mi pare che questo allestimento non giovi a nessuno. Non a Fontana e Burri (che mi piacciono, specialmente il secondo) i quali pensavano le loro opere per spazi radicalmente diversi, non alla collezione (che sembra domandarsi: “Ma che cazzo succede?”) e nemmeno ai visitatori che naturalmente guardano Caravaggio – a fianco del quale Burri non ha nessun senso. E questo è un peccato, perché invece ne avrebbe moltissimo – e se ben esposto ne ha.
Detto questo, a parte i noti capolavori, Brera contiene molte chicche. La mia preferita è la Madonna della Candeletta (1490) di Carlo Crivelli, di cui vedete un dettaglio qui sopra (cliccando il quale andate sul sito di Electa dove ci sono anche altre bellissime riproduzioni). Aldilà del sublime tripudio di frutta, è un dipinto assai metafisico per molte ragioni, a cominciare dalla posa frontale e perfettamente simmetrica della Madonna. L’intera composizione è intensamente irreale (verrebbe da dire iper-reale – guardate il vaso di fiori in basso nel dipinto intero) e straordinariamente ben eseguita, e mi ha fatto molto pensare a uno dei miei pittori e illustratori preferiti, il ceco Alfons Mucha (al quale prima o poi dedicherò un post), e all’Art Nouveau in genere.